LOGO DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE LONGALAGO

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MEZZA TRAVERSATA del 9 Marzo 2008

Il giorno 9 marzo 2008, in contemporanea con la mezza maratona Stresa-Pallanza Verbania, avevamo pensato di divertirci a fare una mezza traversata a nuoto dall'Isola Madre a Pallanza.

L'acqua era intorno ai 6,5°, e quindi l'attrezzatura doveva essere particolarmente curata, con una muta abbastanza pesante, calzari, guanti e cappuccio, ma avendo già provato due volte nei precedenti 15 giorni, sapevamo che non ci sarebbero stati problemi. Data la lunghezza del tragitto che non era più di 1 km e mezzo, abbiamo deciso di partire con tutta calma verso le 11 del mattino quando il sole avrebbe scaldato l’aria.

Avevamo chiesto l'autorizzazione esplicita per la traversata alla Provincia e ho suggerito alle Forze dell'Ordine la partecipazione in acqua di qualche sportivo specialista appartenente ai loro Corpi. Ci siamo fatti appoggiare per l'assistenza da barche a remi, le vecchie inglesine e un bel burchiello, e per dare vigore a questa nostra piccola festa di acqua, avevamo sperato che potesse essere varata anche la piroga a 16 vogatori che ci aveva già accompagnato l'anno scorso in una tappa della VIACOLMARMO!

All'arrivo a Pallanza in piazza abbiamo trovato la stampa e le televisioni e abbiamo lanciato l'invito alla serata del 14 marzo alle ore 21 a villa Giulia, il cui scopo era soprattutto di focalizzare l'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica sulla grave situazione di inquinamento all'interno del Golfo Borromeo nel quale è evidente la scomparsa quasi totale di tutte le forme di vegetazione acquatica.

Per riprenderci dopo la nuotata abbiamo invitato i partecipanti a una colazione informale in villa Rusconi-Clerici, a 300 m dallo sbarco, a base di spaghetti, formaggio prosciutto e vino, felicissimi di avere intorno noi molti subacquei, nuotatori e vogatori, in una parola gli amici del lago, sia per la nuotata, in acqua o in barca, sia per la serata del 14 marzo.
Francesco Rusconi-ClericiRoberto
Troubetzkoy Hahn

ISOLANDO - 13 Luglio 2008

Dopo tante tappe a nuoto lungo le coste del lago, è nata l'idea di organizzare una traversata del lago con un tragitto particolare, tagliando il Golfo Borromeo da Pallanza Verbania fino a Baveno non semplicemente lungo il percorso più breve, ma facendo boa intorno alle splendide isole che impreziosiscono il Lago. Partendo dalla Piazza del Municipio a Pallanza si girerà intorno all'isolino San Giovanni per poi costeggiare il lato nord ovest dell'isola Madre e sfilare in mezzo all'isola Pescatori e all'isola Bella sbarcando poi sul lungolago di Baveno.

Il senso di percorrenza dalla sponda nord alla sponda sud del Golfo potrebbe essere invertito di anno in anno o in base alle previsioni meteorologiche, contribuendo a trasformare la traversata a nuoto in un evento sportivo a cadenza annuale che potrebbe raccogliere consensi non solo fra gli sportivi del lago ma anche fra gli appassionati della natura che si troverebbero a partecipare ad un evento fisicamente certamente impegnativo ma di grande soddisfazione, nello scenario naturale straordinario rappresentato dal Golfo Borromeo, con le montagne e le isole sempreverdi che lo punteggiano. La nuotata sarà non competitiva, a metà strada fra una passeggiata e una avventura sportiva, della lunghezza complessiva di circa 6 km, ed è consentito l’uso delle pinne.

Il tempo complessivo per il percorso può essere stimato per nuotatori anche non eccessivamente esperti in poco più di 2 ore e l'assistenza con barche a remi e mezzi delle forze dell'ordine consentirà agli sportivi di partecipare senza alcuna preoccupazione, con la possibilità in qualunque momento di risalire in barca e riposarsi per ripartire o assistere i compagni che stanno nuotando.

Esordio sfortunato della ISOLANDO!

Domenica 13 luglio alle 8:30 di mattina ci siamo presentati in tre sulla piazza di Pallanza per verificare la fattibilità della traversata.
La notte era stata tremenda: pioggia scrosciante, vento forte, temporali con tuoni e lampi sul lago, freddo, il tutto a intervalli imprevedibili; ogni mezz’ora mi affacciavo alla finestra per scrutare senza successo possibili segni di miglioramento.
Nel momento esatto in cui siamo arrivati sul lungolago aveva smesso di piovere da mezz'ora, e un filo di sole pallido illuminava la sponda opposta di Baveno, incappucciata per tutta la lunghezza da un banco di nuvole bianche che nascondeva il Mottarone e tutte le montagne fino a penetrare nella valle del Toce.
Bastava poi girarsi verso nord per vedere un cielo nerissimo e spaventoso, con brandelli di nuvole basse che correvano verso sud, mentre al di là dell'Isolino si vedeva il lago ribollire di onde e creste create dal maggiore, il nostro vento che soffia dalla Svizzera.
Lontano verso Ispra si vedeva anche nettamente che stava piovendo da alcune nuvole scure ferme a mezz'altezza sopra il lago.
L'acqua all'altezza dell'Isola Madre era percorsa da refoli di aria per il momento non ancora sufficienti per sollevare onde.
Qualche spaccatura in mezzo al cielo sopra di noi, bianco di nuvole ovattate, lasciava sperare in un possibile miglioramento.
Ci siamo consultati anche con qualche vecchio barcaiolo presente sul posto, il quale, a parte la solita considerazione che un mese di luglio come questo non si è mai visto, ci confermava che l'unica cosa che tendeva ad escludere che era che potesse salire il mergozzo, il vento più pericoloso e che ci avrebbe ostacolato nella traversata, in quanto era invece assolutamente prevalente il vento da Nord, ma che questo rischiava di portare i temporali molto rapidamente ad estendersi sopra tutto il lago e in realtà il temporale era la cosa che tutti temevano al massimo: nuotare nell'acqua sotto i lampi è considerato, e penso a ragione, un rischio gravissimo in quanto la testa o le braccia che emergono durante il movimento possono attrarre facilmente la scarica di una folgore.
Alla fine non ce la siamo sentita di partire per la traversata, perché la persistenza per 2 ore di condizioni almeno decenti non era assolutamente probabile.

Eravamo abbacchiatissimi e l'unica cosa che ci siamo sentiti di fare, proprio per non tornare a casa senza neanche aver bagnato i piedi nell'acqua, è stata quella di decidere un simpatico giro a nuoto dell'isolino; e detto e fatto il Bani, il Diego e io ci siamo tuffati, accompagnati per qualche metro anche dai due esuberanti e simpaticissimi ragazzi di Bani, e abbiamo fatto il giro dell'isolino San Giovanni, un percorso assolutamente tranquillo, della lunghezza complessiva di circa 1 km e 400 e quindi una distanza di poco inferiore ad un terzo di quella che avremmo dovuto fare per arrivare da Pallanza a Baveno.
I nostri amici della polizia ci scortavano, anche se evidentemente in quel breve tragitto i rischi erano assolutamente minimali, perché in giro non c'era un solo motoscafo a vista d'occhio, viste le condizioni precarie del tempo, ma la loro presenza ci è sempre estremamente gradita.
Dopo la nuotata un rinfresco improvvisato in villa Rusconi-Clerici, con caffè, salame, vino, torte, patatine, ecc. perché non si sapeva bene se era una colazione ritardata o un aperitivo anticipato; complessivamente a questo punto eravamo poco meno di una ventina di persone fra mancati nuotatori e mancati accompagnatori e come sempre è stato simpatico trovarsi insieme, anche se in occasione di un'avventura andata buca.
Ci siamo lasciati cominciando a lanciare le prime ipotesi di data per la ripetizione di questa traversata che vogliamo fare a tutti i costi, riconfermandoci quanto sono divertenti e interessanti questi nostri spezzoni di divertimento sportivo e di amicizia.

ISOLANDO 2008: secondo tentativo


Dopo la rinuncia per maltempo dello scorso 13 luglio, il dispiacere di non aver potuto nuotare intorno alle nostre isole, ci ha spinto ha riprogrammare la nuotata per sabato 13 settembre. Anche questa volta, malgrado le pessime previsioni del tempo per tutto il week-end, la mattina di sabato ci siamo trovati pronti per la partenza dalla piazza di Pallanza con il cielo coperto ma senza pioggia.
Il lago era calmo e le condizioni buone per la nuotata, la temperatura intorno ai 18°. Tuttavia la saggezza ci ha consigliato di ridurre il percorso evitando la circumnavigazione delle isole per passare a nord delle stesse e puntare direttamente all’arrivo di Baveno.
Partenza dunque alle 9.45:
- Francesco Rusconi-Clerici
- Bani Brandolini
- Moni e Francesco Queirolo
- Susi Musso
- Marco Bruno
- Paola Cucchi
con l’accompagnamento della vela di Marco Bruno, il canotto di Francesco e l’immancabile vedetta della Polizia. Subito dopo la partenza qualche goccia di pioggia non ci ha certo scoraggiato e siamo arrivati dopo circa 22 minuti all’Isola Madre, avendo fatto il 40% del percorso, ma qui oltre alla pioggia più battente è iniziato un furioso temporale con il cielo nero, una quantità di fulmini e un’atmosfera da tempesta.
In acqua si sarebbe potuto procedere…se non fosse stato per la paura dei fulmini. Consulto tra gli accompagnatori e la polizia: i fulmini quando si è in acqua sono altrettanto pericolosi come quando ci si trova in montagna ed è bene togliersi di mezzo.
Così risaliamo sulle barche, è quasi difficile distinguere la differenza tra quando si è in acqua e fuori, tanto è la pioggia che cade intorno e riempie le barche.
Si ritorna al caldo rifugio di Villa Rusconi-Clerici, dove Violante ha preparato per tutti un lauto pranzo.
Con l’allegria e la gioia di stare insieme, resta però anche il dispiacere di non avere potuto concludere la nuotata per la seconda volta, acuito dal fatto che poi nel pomeriggio, malgrado continuasse a piovere, non c’era più il temporale e si sarebbe potuto continuare.
Quest’anno è andata così. Appuntamento alla prossima stagione!

PROGRAMMA LONGALAGO 2008


RELAZIONE LONGALAGO 2008 - NUOTATA DA ANGERA A LUINO

Nel 2006 e nel 2007 alcuni amici erano andati a nuoto costeggiando il Lago Maggiore da Pallanza fino a Locarno e da Suna a Sesto Calende, fino al Ticino.
Non era un progetto. Era un atto d’amore dei promotori Francesco Rusconi-Clerici e Roberto Troubetzkoy Hahn verso il loro lago.
Prima però bisogna dire perché il tutto era nato.
Un tempo i porticcioli e le darsene si riempivano di alghe e in mezzo alle alghe brulicavano i pesci…ma oggi le alghe non ci sono più, si spera che i pesci ci siano, ma dove?
E così aveva avuto inizio l’avventura, svoltasi con tanto successo negli anni scorsi per la sua natura non competitiva, per il fatto che tutti si sono potuti aiutare con le pinne, maschera e boccaglio, per l’aver costeggiato tratti di lago che non si vedono nella medesima prospettiva dalla strada e neanche da un’imbarcazione, e per l’idea che sembrasse un gioco.E pian piano, mentre si macinavano i chilometri di nuoto, si era fatto avanti il pensiero di fare tutto il giro del lago, sia per ottenere delle risposte, sia per avvicinare le due sponde che vivono vite molto separate. E’ quindi con piacere che anche questo anno si continuerà con la LONGALAGO 2008, percorrendo le coste da Angera a Luino con le medesime finalità.
Le finalità sportive, prive di qualunque ambizione agonistica, propongono un modo affascinante di esplorare uno dei più bei laghi italiani, immergendosi nella vita delle sue sponde, in un viaggio inusuale ma dal ritmo umano. Il monitoraggio della risposta fisica dei partecipanti durante le tappe più impegnative potrà contribuire ad arricchire in ciascuno la conoscenza delle proprie risorse in un’avventura vissuta nella dimensione dell’acqua.
Le finalità culturali tendono a riappropriarsi delle sponde, ricchezze naturali del Lago, oggi considerate semplice frangia della strada, per riscoprire la loro straordinaria dignità di luogo di confine tra terra e acqua.I contatti con i paesi rivieraschi saranno occasione di incontri ed eventi legati alla vita del lago e coinvolgeranno gli spettatori, i curiosi, i turisti e tutti i partecipanti in una manifestazione speciale.
Le finalità scientifiche consistono nell’osservazione dell’ambiente acquatico costiero, da cui dipendono il benessere di molte specie animali e vegetali e l’integrità della vita del Lago.
Il programma prevede un itinerario suddiviso in 5 tappe, nei giorni 22 – 28 - 29 giugno 2008 e 6 - 7 settembre 2008 e coinvolgerà tutti i paesi rivieraschi da Angera, proseguendo verso l’alto lago, con meta la città di Luino.
Modalità
La nuotata sarà rigorosamente sottocosta, con maschera, pinne, boccaglio e possibilmente muta, in quanto la temperatura dell’acqua sarà prevedibilmente bassa. L’organizzazione fornirà assistenza alla partenza e all’arrivo delle tappe, un palloncino numerato e i natanti di scorta per la sicurezza dei nuotatori e la raccolta dei campioni prelevati.
I partecipanti
Ogni tappa è una passeggiata a sé e chiunque può liberamente partecipare, iscrivendosi alla partenza riempiendo un modulo di assunzione di responsabilità, che per i minorenni dovrà essere firmato da un genitore. Alcune tappe sono molto lunghe e sono consigliate solo a persone allenate ed esperte di sport acquatici, anche se in ogni momento i partecipanti possono interrompere la fatica e farsi recuperare dalle barche d’appoggio.
L’organizzazione è maturata nelle edizioni degli anni scorsi affrontando gli aspetti della sicurezza e assicurativi, delle responsabilità, permessi, ecc.
Gli aspetti della comunicazione saranno curati coinvolgendo la stampa e i mezzi locali per dare risalto anche agli aspetti scientifici legati all’evento e garantire una partecipazione significativa della società locale.
L’appoggio delle forze dell’ordine e delle associazioni sportive sarà utilissimo per garantire il corretto svolgimento delle prove con la massima tutela dell`incolumita’ dei partecipanti.

La Tappa 1 - 22 Giugno 2008: ANGERA - ISPRA km. 6,90

La tappa di domenica 22 giugno è probabilmente la più lunga di quelle fino ad oggi affrontate.
Credo che sia giusto premettere che è molto difficile dare una misura ragionevolmente esatta delle distanze da percorrere; durante gli anni scorsi il sistema che usavamo era quello di trasferire una mappa geografica in autocad e disegnare sulla stessa mappa una linea spezzata (poyline), di cui il programma dà automaticamente il conteggio della lunghezza.
La procedura però è abbastanza macchinosa e quindi ero arrivato impreparato domenica mattina quando tutti mi chiedevano come al solito una distanza esatta ai due decimali e avevo improvvisato tirando a valutare ad occhio una lunghezza di circa 7 km; ieri per fortuna il nuovo arrivato Manuel Cardana, molto più giovane e quindi più evoluto tecnologicamente di me, mi ha suggerito di utilizzare il pacchetto gratuito di Nike Plus con il quale è possibile tracciare in modo rapidissimo percorsi, conteggiarne le lunghezze e memorizzarli per il futuro: è chiaro che la Nike pensava a percorsi terrestri, ma è evidente che si possono tranquillamente valorizzare percorsi sull'acqua e così ho immediatamente fatto, scoprendo che la tappa percorsa effettivamente è molto vicina ai 7 km, esattamente come la prossima da Ispra a Arolo.
Poi ognuno di noi nuotando percorre delle traiettorie non precise composte spesso da continui zig-zag che indubbiamente allungano il percorso reale di una buona percentuale; io per esempio faccio molta fatica a nuotare diritto nell'acqua alta senza riferimenti di fondo e preferisco potermi orientare continuamente su di esso, anche se mi rendo conto che anche così spesso mi sorprendo a nuotare con delle deviazioni anche superiori a 45° rispetto alla traiettoria ideale; più poi sono stanco e più tendo a nuotare in maniera disordinata perdendo la direzione continuamente.
Torniamo però al resoconto della prima tappa della Longalago 2008.
Da Pallanza una dozzina di persone si è mossa con due vetture e un canotto, in quanto un altro motoscafo previsto per l'organizzazione aveva avuto problemi di accensione rendendo in effetti un po' critica l'assistenza ai nuotatori durante la giornata.
Ad Angera ci aspettavano già alcuni amici, tutti preoccupati per il tempo che si annunciava pessimo in quanto sulle montagne alle spalle di Arona era in corso un bel temporale con pioggia e forti tuoni che, se si fosse spostato sopra il lago, ci avrebbe forse addirittura sconsigliato ad entrare in acqua perché nuotare con i lampi sopra la testa è sempre una situazione molto poco gradevole.
Per fortuna il temporale si è allontanato e ci siamo potuti preparare ad entrare nell'acqua sulla spiaggia comunale di Angera, parzialmente occupata da un cantiere in corso di completamento, ma graziosa con un fondo naturale e grandi salici piantati con i piedi dentro l'acqua.
La sorpresa più bella è stata di scoprire che stavamo per vestirci ed entrare in acqua addirittura in 14, uno dei numeri più grandi per una singola tappa e anche imprevisto tenendo conto del tempo spaventoso che fino a pochi giorni prima aveva flagellato il Lago Maggiore tenendo la temperatura dell'acqua pericolosamente bassa: lunedì pomeriggio ancora mi veniva infatti comunicata una temperatura a Ghiffa alla profondità di 1 m di 16.9°!


Domenica invece l'acqua probabilmente stava intorno ai 19°, con qualche punto con correnti fredde sul promontorio di Ranco, e quindi era accettabilissima; Luciano Riva é stato l'unico che ha nuotato per tutta la tappa senza muta, mentre il nuovo arrivato Tazarine Hamza, grande promessa originario del Marocco, ha nuotato con una muta a saloppette, venendo fuori dall'acqua però blu dal freddo e con vistose escoriazioni dovute allo sfregamento delle bretelle.
Oltre a Tazarine altre 3 new entry: Stephane Cosse, svizzero di nascita, Antonello Toniolo e Manuel Cardana, con grandissima soddisfazione degli habitués fra i quali spicca la Susy Musso per determinazione e potenza sportiva e la Erica Bresadola per la stoica determinazione con la quale affronta queste tappe lunghissime con il suo personalissimo stile definito similrana.
Montante, Magistri, Baccelli e Bruno sono delle vecchie conoscenze che siamo sempre felici di riavere con Roberto, Diego e me.
La partenza ripete il rito di sempre: Erica, Troubetzkoy e io sembriamo incollati con i piedi alla spiaggia e vediamo partire in un turbine di acqua il gruppo dei nuotatori veri che sappiamo non rivedere fino all'arrivo!

Intanto anche la squadra dell'assistenza, oggi molto ridotta numericamente, si mette in moto, e consiste solo in due kayak, uno guidato dal leggendario Nello, e il mio vecchio canotto contestatissimo da mia moglie in quanto sente solo la voce del padrone e parte solo quando a girare la chiave dell'accensione sono io.
In effetti durante lo svolgimento della tappa si è poi visto che con un numero così elevato di nuotatori l'assistenza era troppo limitata: non era un fatto voluto, ma è capitato perché è un motoscafo che doveva essere disponibile aveva avuto problemi di accensione alla sera prima imprevistamente.
Comunque dopo la partenza mi sono avviato tranquillamente, conscio della mia inferiorità sportiva rispetto al gruppetto di testa, provando un nuovo paio di pinne al carbonio di lunghezza spropositata, con le quali avevo inutilmente sperato di riuscire a diminuire le distanze con i nuotatori veri, inutilmente perché in realtà probabilmente ho fatto una fatica tremenda e sono andato avanti a velocità inferiore di quella abituale.
Messa da parte la mia ambizione sportiva mi sono messo come al solito ad esaminare il fondale che mi passava sotto mentre brumeggiavo; all'inizio da Angera in fondo era estremamente monotono, con una lenta discesa verso il largo, sabbioso e sassoso a tratti, praticamente completamente privo di pesci, come anche durante tutto il resto della nuotata non ne ho praticamente mai visti.
Un solo grande cavedano, nessuna biscia d'acqua, un persico, un piccolo branchetto di coregoni di modesta dimensione e basta.
Solo, attaccati a tutti i possibili ripari quali pali, moli, galleggianti, nuvole di piccolissimi avannotti, probabilmente in grande ritardo di crescita rispetto alle medie stagionali per le basse temperature dell'acqua fino a questi giorni.
Lungo tutta la prima parte del percorso una infinità di scivoli a lago, quali in cemento, quali in ferro, i più recenti in acciaio inox, con binari affondati dovunque disordinatamente insieme a tubi in cemento di vecchie fognature, grandi pneumatici da autocarro, al punto da chiedersi perché nessuno di quelli che abitano su queste sponde in queste villette a mio parere molto brutte, ma sicuramente molto amate dai loro padroni, si prenda mai la briga di scendere in acqua e allontanare qualcuno di questi rifiuti.
Io credo anche che la maggioranza di questi scivoli spesso diroccati sia abusiva o non a norma, e credo che dovrebbe essere obbligatorio per chiunque realizzi anche regolarmente un manufatto del genere, di eliminarne poi i resti dopo l'abbandono o dopo la decadenza del permesso.
Però questo è un sentimento mio, ovvero di uno che guarda sott'acqua, mentre la grandissima maggioranza di chi vede il lago lo vede solo come una superficie bellissima e riflettente, di colore azzurro, blu, verde, argento ma non pensa assolutamente a quello che sta sotto di essa.
Complessivamente un fondale noioso fino alla punta di Ranco, con in più il fastidio continuo di questi ostacoli imprevisti da superare.
Però ogni tanto cominciavano ad apparire dei tratti di costa non costruita fino alla sponda del lago e tratti sempre più numerosi di canneto cominciavano a punteggiarla, ridandomi un po' di buon umore e una maggiore voglia di guardare con attenzione alla ricerca di pesci.
Però, anche lì non ho visto traccia di pesci, e io, che ho sempre sognato che sul limitare dei canneti sul fondo siano appoggiati grandi luci in attesa di pesci più piccoli che sbadatamente si allontanano dalla protezione delle canne, sono rimasto deluso nelle mie aspettative.
Ogni tanto dal fondo sabbioso qualche ciuffo o qualche ramo di Miriophillum sporge a ricordare che le condizioni per la sopravvivenza delle piante acquatiche dovrebbero esserci: è anche possibile che la scarsità di piante che vedo sia dovuta al fatto che queste non hanno ancora risentito dell'innalzamento della temperatura dell'acqua che probabilmente è ancora limitata al primo metro superficiale di profondità, e non stanno ancora cominciando a buttare la vegetazione estiva.
Dopo Ranco, girata la punta, in fondo in fondo in fondo vedo piccolissime le vele delle barche che regatano davanti al circolo velico di Ispra dove ci stanno aspettando, ma la distanza è ancora almeno di 3 o 4 km e si accorcia con una lentezza esasperante.



È meglio non pensarci e distrarsi a guardare la costa, sempre più bella e il fondale che diventa più interessante: ogni tanto incontro entrando nella baia di Quassa dei giganteschi trovanti appoggiati sul fondo ormai interamente sabbioso; sono trovanti di materiali fra loro diversi, vedo dei graniti chiari, vedo dei grandi blocchi che sembrano di beola, quasi a riva dall'acqua sporge un gigantesco macigno di granito rosso, alto probabilmente dal fondo non meno di 7 o 8 m, e mi viene fatto di pensare che questi trovanti siano di trasporto glaciale e che il fatto che siano ancora depositati in superficie sopra alla sabbia significa probabilmente che la quantità di sedimento in sospensione è molto modesta.
Il fondo della baia a circa 4 metri di profondità ad un certo punto si copre interamente di vegetazione molto bassa, difficilmente leggibile con l'acqua così poco trasparente come è oggi e mi riprometto di tornare quando ne avrò il tempo a portare in superficie qualche esemplare di queste piante che potrebbero essere delle najas.
I grandi bivalvi disegnano ogni tanto dei curiosissimi cerchi perfetti strisciando nella sabbia al punto che viene da pensare talvolta che siano dei manufatti affondati, ma ancora nessun pesce.
In superficie invece si comincia a vedere lo spettacoloso giardino della villa già Sagramoso, con la darsena grande come un piccolo stagno, con i prati digradanti, con un bosco di conifere lunghissimo a correre lungo il muro di confine verso lago, con un colpo d'occhio complessivo straordinario e che riporta indietro ad altri tempi.
Mi rendo conto che manca ancora più di mezzo chilometro perché devo superare tutto il paese di Ispra e il porticciolo per arrivare fino al circolo velico e mi preparo ad affrontare l'ultima faticosa parte della mia nuotata, quando vedo invece che da riva mi fanno grandi segnali: sono i miei amici che si sono sbagliati e sono scesi sulla prima spiaggia che hanno incontrato!
Devo dire che anche a me non pare vero e puro dispiacendomi di aver tirato un bidone al gentilissimo presidente del circolo velico che ci sta aspettando, esco dall'acqua felice di aver finito questa tappa così lunga, specie tenendo conto del fatto che sono completamente fuori allenamento.
Torniamo a ripescare con il canotto la infaticabile Erica che continua assistita cavallerescamente dai due canoisti e finalmente la tappa è finita.
Sono stanco, però come sempre sono felice, felice di avere affrontato e superato uno sforzo non indifferente, di avere rivisto i miei amici, di essere arrivato sempre più vicino verso il completamento del giro del lago, che all'inizio sembrava una impresa assurda, neanche lontanamente realizzabile, e che sentiamo invece ad ogni tappa un pochino più vicino.
Alla prossima tappa!, sperando che l'acqua sia ancora un po' più calda, che diventi più limpida e che io possa incontrare qualche bell'esemplare dei pesci che mi piacciono tanto; in particolare mi piacerebbe vedere qualche bel luccioperca o qualche grande tinca e, perché no, anche qualche bel persico trota.

La Tappa 2 - 28 Giugno 2008: ISPRA - AROLO km. 6,90

Ci aspetta un'altra tappa di 7 km di lunghezza. E’ una distanza ancora maggiore di quella della settimana scorsa, ma non c'è motivo di preoccuparsi perché sei giorni prima, anche senza allenamento, eravamo riusciti a superare brillantemente quel primo esperimento di tappe lunghe.
Partiamo come al solito alle otto di mattina con il canotto da Pallanza, però abbiamo la sorpresa che, contrariamente a tutte le previsioni del tempo che avevamo controllato fino alla sera, ci attende una mattina dalle luci incredibili, dai colori lividi in una mancanza innaturale di aria e di luce.
Il lago è verde, ma assolutamente piatto, usciamo dal Golfo di Pallanza e vediamo lo spettacolo incredibile di una nuvola nerissima concentrata sopra il lago, dalla quale si vede scendere verticalmente la pioggia.
Ho anche fotografato quello strano fenomeno che non avevo mai visto, era come se a qualche centinaio di metri sopra al lago ci fosse un soffione di una doccia che buttava giù acqua e si vedeva in maniera nettissima la colonna d'acqua che scendeva, mentre dietro riprendeva di nuovo il sole.

Ho tentato di evitare la doccia portandomi a ridosso della costa di Laveno ma non sono riuscito assolutamente a sottrarmi all'infelice lavata per cui, cercando di ripararci in qualche modo sotto il telone di prua del canotto siamo andati avanti stoicamente verso la nostra meta, tremando di freddo perché non avevamo con noi neanche una giacca a vento o qualche cosa con cui proteggerci.
Per fortuna improvviso come era cominciato lo scroscio termina e arriviamo a Ispra puntualissimi per incontrarci con i nostri amici.
Siamo in otto nuotatori, ci vestiamo sulla spiaggetta attrezzata del circolo velico, molto graziosa, e affrontiamo la nostra tappa di oggi.
Il primo pezzo del percorso è interessante perché subito dopo il paese inizia la punta rocciosa del promontorio del Monte dei Nassi, di roccia bianca e calcarea, che presenta un fondale molto simile a quello di una scogliera di mare.
Fuori dall'acqua vediamo i vecchi edifici delle fornaci, che un tempo erano molto frequenti intorno al largo, perché il trasporto dei materiali da costruzione, come anche la calce, era molto meno costoso per via di acqua.
Non incontro però pesci, se non un grosso cavedano e i soliti avannotti, che mi danno la sensazione di essere già cresciuti rispetto alla settimana scorsa, e ciò è assolutamente possibile perché la loro crescita nelle prime settimane di vita è rapidissima.
Come al solito io nuoto rasentando il filo della costa, mentre la squadra di nuotatori veloci si allontana percorrendo una rotta diritta e tagliando tutte le baie lungo un ideale rettilineo.
La sensazione all'inizio è che io sia avvantaggiato da una corrente favorevole lungo la sponda verso Nord e infatti quando ci confrontiamo all'arrivo Diego mi conferma di avere avuto contro una corrente non indifferente, la quale per compensazione ha generato un flusso opposto verso riva.
La totale mancanza di pesci mi fa nuotare distrattamente e così il tempo passa senza che quasi me ne accorga e arrivo rapidamente a doppiare la punta del promontorio, da lì in fondo in fondo in fondo, molto lontano, vedo le barche a vela di Monvalle: sono ancora almeno a 3 kilometri ma quando si è in ballo si deve ballare!
Così giro la punta e comincio ad affrontare la lunghissima baia; l'acqua diventa subito più torbida, il fondo non si vede ma si capisce che sta rapidamente salendo e che è tutto di sabbia.
Ad un certo punto mi spavento perché dall'acqua torbida vedo emergere verso di me delle forme che non riesco a riconoscere subito, in realtà sono dei ciuffi probabilmente lunghissimi di miriophillum che sembrano quasi venirmi contro dal nulla, molto numerosi e distribuiti su gran parte della baia.

Mi immagino che siano lunghi anche 4 m e, dato che arrivano abbastanza vicino alla superficie penso che quando il lago è mezzo metro più basso di oggi, ovvero al livello medio normale, queste piante arrivino fino in superficie, a meno che si siano allungate molto di più del solito quest'anno per cercare la luce del sole.
La costa del lago è completamente integra, con lunghissimi canneti che si protendono nell'acqua, e, come ho già notato l'anno scorso, le canne crescono disinvoltamente sia nel fondo di sabbia finissima che nel fondo sassoso di ciottoli compatti, il che significa che i loro rizomi hanno una significativa capacità di penetrazione nel terreno.
Continuo a non vedere pesci, anche se l'acqua è talmente torbida che potrebbero passarmi vicinissimo senza che io li riconosca assolutamente e continuo a nuotare verso nord; passo la foce di diversi torrenti che si gettano nel lago, percependo nettamente che le loro acque sono decisamente più fredde di quella del lago, e vedo avvicinarsi le barche ancorate dove termina la baia.
Finalmente vedo le prime case e capisco che sono arrivato vicino all'arrivo perché mi ricordo che dovevamo sbarcare molto vicino al piccolo promontorio roccioso che vedo avvicinarsi abbastanza rapidamente (forse l'avverbio non è dei più appropriati!).
Passo vicino al ristorante di Sasso Moro, sfilo di fianco al molo in blocchi di granito del porticciolo, sperando almeno lì di incontrare qualche bel pesce e finalmente sono arrivato ad Arolo: i miei amici nuotatori veloci come al solito sono già pettinati, eleganti, rilassati ecc. come se fossero appena arrivati e scesi dalla macchina.
Mi aspetta il gentilissimo presidente della pro loco del comune di Leggiuno, Sig. Cerutti, che ci omaggia di uno stampato con delle belle fotografie d'epoca del monastero di Santa Caterina del Sasso e soprattutto mi conferma di avere avvertito il titolare del baretto lungolago di prepararci qualche cosa da mangiare.
Qui forse comincia la parte meno sportiva ma più gradita della tappa: dalla cucina del baretto spuntano dei bellissimi vassoi di portata a base di farro, couscous, conditi con pomodoro olive prezzemolo, insalata, vino, birra, ecc.
Intanto è venuto un sole bellissimo e così la nostra bella tavolata di quasi 20 amici si anima delle solite chiacchiere di quando si è contenti e finalmente si sente che l'estate è arrivata; la pioggia gelida di questa mattina è ormai un ricordo e ci lasciamo dandoci appuntamento nello stesso posto per domani mattina.

Tappa 3 - 29 Giugno 2008: AROLO - LAVENO km. 6,90

La tappa di oggi è della stessa lunghezza di quella di ieri, anche se a sensazione potrebbe sembrare addirittura più lunga.

Partiamo da Pallanza con il solito trasferimento in canotto durante il quale ci portiamo anche sotto costa a Laveno per esaminare esattamente le condizioni per l'arrivo in paese, in modo da essere tranquilli quando arriveremo nella vicinanza del pontile dei traghetti, che con le loro eliche davanti e dietro fanno una notevole paura a chi sta in acqua a nuotare.
Però la situazione è tranquillizzante e così andiamo avanti verso Arolo fino a portarci davanti al baretto della carinissima colazione di ieri a mezzogiorno.
Con puntualità degna di una seria attività di lavoro e non di una semplice avventura sportiva ci ritroviamo sempre pronti tutti insieme per prepararci e vestirci.
Il tempo è grigio, ieri hanno dato previsioni di temporali durante la giornata, ma questi per fortuna arriveranno violenti solo nel pomeriggio, quando noi ormai saremo tranquillamente ritornati a casa.
Quest'oggi siamo in 10 nuotatori, quindi il buon numero di partecipanti si riconferma anche oggi.


Ci prepariamo, controlliamo reciprocamente di avere fissato bene le chiusure lampo delle mute, soprattutto sul collo, che è un punto estremamente delicato per i numerosissimi sfregamenti che subisce durante il nuoto, dove dobbiamo sempre ricordarci di spalmare un po' di vaselina per evitare di uscire dall'acqua con abrasioni significative, che poi farebbero fatica a rimarginarsi in tempi brevi.

Ci immergiamo e partiamo, come al solito si forma un gruppetto di punta, composto da Novella in testa, il giovane marocchino Tazarine a tallonarlo, poi Cosse e in chiusura la Susy Musso, imprevedibilmente potente nella nuotata a giudicare solo dal fisico aggraziato e sottile.Questo gruppetto procederà come al solito a un ritmo elevato dall'inizio fino alla fine di tutta la tappa: un giorno bisogna che io mi dia malato per poter ammirare dalla barca questo loro velocissimo trenino.
Tutti gli altri procedono dietro, come al solito in modo sciolto, nessuno si abitua a nuotare in gruppo; i coniugi Menni esplorano felici la costa mentre Luciano Riva, rigorosamente senza muta come Angela, nuota sempre solitario in mezzo al lago, fino a farci prendere paura quando abbiamo visto il suo palloncino nella baia di Laveno diretto ad incrociare la rotta dei traghetti.
Comunque il percorso si rivela estremamente bello da subito; appena girata la punta di Arolo ci troviamo a sfilare lungo la parete rocciosa sulla quale si incista il monastero di Santa Caterina del Sasso, giustamente famoso.
Sott'acqua è altrettanto bello come fuori dall'acqua, continuo a impigliarmi nei rami degli alberi che crescono disordinatamente lungo le pareti a picco, in genere fichi, che scopro con curiosità emettere dai rami immersi nell'acqua radici per aiutarsi a trovare il sostentamento che probabilmente su quella parete rocciosa e arida non è ricco.
Ho sempre pensato che le tane e le spaccature che si vedono nella roccia chiara fossero la tana ideale per i persici, però non ne vedo neanche uno come non vedo pesci fino alla fine di questa lunga parete; in una fessura un metro sott’acqua vedo curiosamente incastrato invece un pallone da calcio!
Passo sotto il monastero, dove noto che la parete è bucherellata di tiranti e di pezzi di ferro che sono stati inseriti per irrobustire e prevenire possibili spaccature nella roccia che, essendo una marna calcarea, sicuramente non è molto resistente.Subito dopo Santa Caterina la parete a picco finisce con un paio di ville fortunate inserite a picco vicino all'acqua e poi il fondale cambia completamente perché ritorna sabbioso, di una grande sabbia finissima marina, e finalmente incomincio a incontrare i primi pesci.
La baia davanti a Leggiuno è piena di brillanti alborelline e ogni tanto incontro dei maliziosi cavedani che probabilmente le stanno con finta innocenza tenendo d'occhio.
Un tratto di costa sabbiosa, intervallata da tratti di canne palustri, e in fondo comincio a vedere le case della prima frazione di Reno, dove arrivo dopo un bel pò di minuti.
Attacco il promontorio occupato da una delle più belle ville del lago, con uno sviluppo di sponda di almeno 1 km, con al centro una magnifica spiaggia piantumata con una ventina di Taxodium in piena acqua, e poi subito dopo l'arrivo al paese di Reno.
Proprio mentre mi viene voglia di dire ai ragazzini che pescano dal muraglione del porto di Reno che è perfettamente inutile stare a pescare con le loro cannette in acqua, ecco che vedo i primi branchetti di coregoni, poi subito una bella tinca di un paio di chili che viaggia tranquilla a 3 m di profondità.
Sorpasso il paese e il fondale diventa sassoso con blocchi di granito sparsi e scopro con grande stupore che lungo tutta la costa sott’acqua passa una tubazione di cemento, abbastanza bene mimetizzata con blocchi di granito cementati a nasconderla, ma complessivamente mi sembra una scelta abbastanza infelice perché se è una tubazione che porta acque di fognatura in pressione si poteva tranquillamente metterla molto più profonda in maniera che non la si vedesse proprio, anche se devo ricordarmi quello che non mi viene mai in mente, ovvero che in fondo sott'acqua ci guardo solo io e pochissima altra gente.


Poi ancora pesci, un po' di alborelle, qualche grosso cavedano poi l’incontro sorprendente 3 m sotto di me con una grossa anguilla di diametro forte, della lunghezza di quasi 1 m e mezzo, che si spaventa moltissimo vedendomi e scappa via verso il largo terrorizzata.È tanto tempo che non mi capita di incontrare delle anguille perchè sono animali dalle abitudini notturne e quindi tendono ad uscire in caccia delle loro prede solamente dopo il tramonto.
Anche due bellissimi persici sole, che sono ormai così rari, poi ancora cavedani.
Sfilo davanti alla bella villa Castellini, e poi continuo a costeggiare i muraglioni di ville belle, con vecchie darsene maestose realizzate con grande muraglioni di granito secolare.
E intanto il tempo è diventato sempre più bello, è uscito il sole e con questo sono uscite in acqua un sacco di barche che creano un moto ondoso abbastanza significativo per noi che nuotiamo.
Anche i giardini delle ville che costeggiamo cominciano a essere abitati e il nostro passaggio probabilmente crea sempre un'imbarazzata curiosità da parte di chi si chiede da dove stiamo arrivando e dove mai stiamo andando, ma nessuno ha il coraggio di farci una domanda anche se poi qualche ora più tardi sicuramente si chiederà dove mai siamo finiti perché nessuno crederà che stiamo facendo una passeggiata lungo tutto il lago; in effetti il giorno prima il giornale La Prealpina ha scritto gentilmente un articolo su di noi ma probabilmente nessuno ci identifica come i protagonisti della “famosa” LONGALAGO.
Piano piano mi accorgo che sulla sponda piemontese alla mia altezza ormai c'è la punta della Castagnola e che quindi sono in dirittura d'arrivo; poco dopo infatti inizio a costeggiare il giardino del vecchio forte austriaco, di forma tondeggiante, bellissimo nella sua apparenza così rigorosa, costruito in grandi blocchi lavorati di granito, apparentemente colpiti in diversi punti dal fuoco dell'artiglieria, anche se mi pare di ricordare dalle vecchie stampe che l'attacco notturno di Garibaldi al forte di Laveno fu portato al forte che sta a nord della baia, ma forse mi sbaglio.
Ormai sto entrando nel Golfo di Laveno, sempre più onde danno fastidio mentre si nuota ma, mentre ormai non mi aspetto più nulla di speciale, ecco il tratto più interessante per i miei incontri subacquei: la sponda sprofonda diritta con qualche baietta piena di detriti di grandi tronchi portati verso questa baia e intrappolati probabilmente dagli impetuosi venti del mergozzo, e in mezzo ai rami immersi a fondo vedo centinaia e centinaia di gardon, belli grassottelli e in forma, ed a un certo punto, abbastanza a fondo una tinca di un bel peso, e mi ricordo che oggi è San Pietro e Paolo, il 29 giugno, e nella tradizione familiare è proprio oggi che a Pallanza arrivavano le grandi tinche a depositare le uova nella nostra darsena.
Poi ancora branchi di coregoni e ancora gardon e poi sono ormai al fondo della baia, dove stanno realizzando probabilmente un nuovo lungolago per i bagnanti, e dove devo attraversare con un moto di repulsione la foce del torrente che si butta nella baia in un punto chiamato giustamente Acquanera.
L'acqua è schifosa, rugginosa come all'uscita di una ferriera, sacchetti di plastica galleggiano dappertutto ma ormai sono arrivato e salto sul canotto di scorta appena prima dell’imbarcadero dei traghetti per evitare ogni pericolo.
Scendiamo al pontone davanti al municipio di città, ci cambiamo come sempre senza che i passanti manifestino grande curiosità e divoriamo con gratitudine una bella torta di crostata di albicocche preparate affettuosamente dalla mamma di Diego per Violante e me che il giorno dopo compiremo insieme un sacco di anni!
A Laveno è venuta ad incontrarmi all'arrivo anche con sua figlia Susanne una anziana signora tedesca, Maria Cirkel, che era compagna di elementari di mia mamma intorno al 1920 e con la quale ci siamo affettuosamente ritrovati dopo quasi cinquant'anni che non la vedevo!
Si vede che è tutta orgogliosa di me e forse un pochino lo merito anche, con questa mia avventura così fuori dal comune che riesco a portare a termine tappa per tappa solo grazie all'affetto dei miei amici vecchi e nuovi e alla pazienza di mia moglie.
Per intanto la LONGALAGO si ferma fino a settembre mentre il 13 luglio ci aspetta la ISOLANDO, la traversata del Golfo Borromeo da Pallanza a Baveno facendo boa intorno a tutte le isole; sarà una nuotata bellissima alla quale speriamo molta gente e molti sportivi vogliano partecipare.

Tappa 4 - 20 Settembre 2008: LAVENO - CALDE' km. 6,3

Finalmente dopo tanti weekend di tempo orribile le previsioni meteorologiche ci confortano con una indicazione di sole per sabato e di coperto senza pioggia domenica.

La temperatura però continua a scendere e infatti Laveno al nostro raduno al pontone il termometro della barca a vela di Marco Bruno indica solo 16°!

Ci contiamo e siamo però in 9 malgrado il freddo, anzi in 10 perché con un buon ritardo arriva Paolo da Melegnano, trasformato subito in “Paolo da Cannobio” che suona meglio per il Lago Maggiore ed è più facile da ricordare!

In un colpo solo ci troviamo 3 new entries e Lazzati che era venuto solo ad una tappa, quella eroica da Cannero a Cannobio nel 2006.

Ci prepariamo sul pontone davanti al municipio; un po' di passanti occhieggiano quasi imbarazzati e ci tuffiamo nell'acqua fredda piena di legname galleggiante.

La nuotata si svolge come da copione: in testa il trenino di quelli che nuotano veloci, in fondo sempre Troubetzkoy e io, qualcuno al centro.

Ci accompagna gentilmente anche un canotto della Protezione Civile di Castelveccana e così con tre barche di appoggio riusciamo a controllare ragionevolmente bene la situazione.

Il percorso è magnifico, anche se sfortunatamente l'acqua opaca non ci consente molta visibilità, la parete della costa è quasi sempre verticale, con la roccia butterata dal lavorio dell’acqua, e gli alberi abbarbicati fino ad immergere i rami nelle onde.

Pochissimi pesci visibili, sostanzialmente solo grandi cavedani, forse perché l'acqua si è già raffreddata e si stanno già rintanando verso profondità maggiori o chissà perché.

Ogni tanto quando qualche terrazzamento lo consente compaiono spettrali nell'acqua torbida colonie di esemplari lunghissimi di miriophillum; di fatto è l'unica varietà di piante acquatiche che riusciamo a recitare recensire in tutta la giornata, con un addensamento di grande effetto all'inizio della baia di Caldè.

Alcune delle ville che costeggiano sono molto belle, ben inserite nella costa rocciosa, con muri in pietra e darsene celate negli anfratti, altre invece dispiacciono per la loro invasiva sguaiatezza.

Sul lago non c'è neanche una barca e solo dopo mezzogiorno al levarsi della tramontana da sud e al rafforzarsi del sole appariranno le prime barche a vela.

Così nuotiamo tranquilli, ostacolati solo ogni tanto dai tronchi e dai rami contro i quali andiamo a sbattere con le mani o la faccia. È una tappa molto lunga ma regolare e che costeggia forse il percorso più bello di quelli incontrati fino ad adesso: il faraglione chiamato San Gallett non sfigurerebbe neppure a Capri, mentre il paesino di Caldè che ci accoglie è bellissimo nella sua tranquilla semplicità.



Lì ci aspetta la Pro Loco, la graziosa signora Barani ha preparato personalmente una focaccia deliziosa e ci viene promessa anche la trippa per il giorno dopo: cosa si può volere di più?

Ci lasciamo infine contenti della nostra prodezza e torniamo chi in città in automobile, chi in barca all'altra sponda del lago, tutti soddisfatti di questa curiosa passeggiata che continua intorno al lago.

Domani sarà l'ultima tappa della Longalago per il 2009 e dopo ci resteranno solamente quattro tappe per completare il giro del lago intero: chi l'avrebbe mai detto allora che ce l'avremmo fatta?


Cari amici, alla prossima tappa.


Tappa 5 - 21 Settembre 2008: CALDE' - LUINO km. 8,10

Alla partenza di questa volta ci troviamo solo in quattro nuotatori: la formidabile Susy, l'immancabile Diego, Paolo da Cannobio e il sottoscritto.
Il tempo é grigio e il lago presenta un forte moto ondoso da nord che ci ostacolerà moltissimo durante la nuotata.

Parlare di poco entusiasmo nel prepararci sarebbe un eufemismo.

L'acqua è ancora più fredda di ieri, il sole non riesce a bucare le nuvole, abbiamo solo due barche di accompagnamento ovvero il solito mio vecchio e caro amico canotto di 18 anni di età e gli amici della Protezione Civile di Castelveccana.
Comunque ci prepariamo e ci tuffiamo per affrontare una tappa che sulla carta e già lunghissima.

L'unica buona notizia è che a colazione a Caldè ci aspetterebbe la trippa preparata dalla Pro Loco!

Cominciamo a muovere le prime bracciate nell'acqua fredda lungo una costa molto speciale, con le vecchie fornaci di calce e le tramoggie da dove venivano caricati i barconi nei secoli scorsi.

Tutto il promontorio è costeggiato di resti di pontili, muri, capanni e scivoli a testimonianza di una vecchia attività classica del lago. Sott'acqua le pareti scendono ripidissime, anche se su qualche cengia si intravedono lunghi rami di miriophillum.

Per un lunghissimo tratto non vedo neanche un pesce, esattamente come il giorno prima.

Dopo il promontorio la sponda si appiattisce e diventa estremamente monotona, come poi rimarrà per quasi tutto il percorso della tappa.

Prima e dopo Portovaltravaglia una brutta edilizia costiera fatta di villette a schiera con il rimessaggio per le barche e gli invasivi binari subacquei, quasi tutti contorti e inutilizzabili.

Le onde non danno tregua e ci rallentano vistosamente.


Essendo solo in quattro ci siamo persi di vista immediatamente e così io nuoto per tutta la mattinata da solo, testardamente contrastato dalla corrente, per più di 2 h e mezza.

Non c'è molto da raccontare sulla tappa, solo per un certo tratto il monotono fondo di ciottoli e sassi si arricchisce di grandi macigni tondeggianti, evidentemente antichissimi e depositati dal ghiacciaio che colmava tutto il lago fino a 15.000 anni fa.

Anche le foci dei torrenti creano un diversivo con il fondo di sabbia bianchissima.

Pensare all'antichità che si legge nei reperti geologici mi distrae ma ad un certo punto, arrivato davanti alla foce del torrente che sbocca prima della spiaggia di Bedero mi prendo uno spavento notevole: dalla penombra davanti a me sbuca per passarmi sotto una carpa lunga almeno 1 m e mezzo; questa è la quarta che ho incontrato in questi tre anni di nuotata, le altre tre a distanza di pochi minuti nel 2007 vicino a Baveno.

Poi incontro ancora diversi begli esemplari di cavedano, con la livrea a ombreggiata di verde e le squame ben visibili, e mi viene da pensare che, anche se sono sicuramente fra i più tenaci e robusti abitatori del lago, se continuerà ad andare avanti così anche per loro ci saranno da mangiare solo i pochi avanzi che la nostra civiltà lascerà sfuggire, perché di altri pesci non ne vedo neanche uno.

L'acqua è molto torbida, a tratti vedo comparire come spettri lunghissime piante di miriophillum, di cui non vedo neppure la base nel buio dell’acqua e infatti con Oggioni del CNR mi confermerà che quest'anno a fine stagione ne ha trovate anche di metri 5.50 di lunghezza, perché forse proprio quest'anno si sono sviluppate ancora di più per cercare la luce nell'acqua sempre torbida dai moltissimi temporali.

Ogni tanto mi impiglio in un tronco o in un ramo e mi accorgo che per lo spavento mi raccolgo in posizione fetale, insicuro come sono di me, creatura terrestre, nell'acqua lattiginosa e fredda.

Però continuo a nuotare imperterrito e arrivo alla fine alla punta che precede il confine fra Germignaga e Luino.

Nell'ultimo tratto intanto è diventato interessante il panorama sott'acqua e è un peccato non avere in quel momento una buona visibilità.

Le ville e le case tornano a essere più antiche e più belle, forse perché siamo vicini ormai a Luino, antico borgo storico importante, la parete del lago scende a picco, con le case impressionantemente costruite sul bordo della caduta.

Se il lago si svuotasse credo che gli abitanti si spaventerebbero nel vedere su quale strapiombo il loro vecchi hanno costruito le case! Ancora un ultimo torrente che spande il suo tappeto di sabbia finissima e bianca sulla quale rotolano verso il fondo buio del lago ciotoloni di pietra.

Infine arrivo sotto a una villa molto bella, che assomiglia esteticamente alla storica villa Ada dello scultore Troubetzkoy di Ghiffa, fratellastro del bisnonno di Roberto Troubetzkoy, uno dei grandi protagonisti della Longalago e della VIACOLMARMO e, infine, dopo più di 2 h e mezza di nuoto, decido che è ora di fermarmi.

So che mancano ancora circa 500 o 600 m all'arrivo alla foce del fiume Tresa, al confine con Luino, ma per oggi credo di avere dato abbastanza.


Con un po' di fatica riesco a farmi notare dal canotto di assistenza sul quale stanno le nostre accompagnatrici, Silvia, il medico ufficiale, Daniela, la simpatica compagna del formidabile Diego e mia moglie Violante.

Mi sembrano più affaticate di me e scopro che hanno chiacchierato e riso per 2 h e mezza continuative e infatti mi sembrava di vedere una nube di condensa sopra al loro canotto, quando mi sinceravo della loro presenza rassicurante!

Salgo in canotto e, con un po' di vergogna, percorro in barca gli ultimi 300 m.

Anche Susy ha imbrogliato un po' le carte per colpa del freddo intenso e ha anche lei percorso un tratto in barca mentre Diego come sempre è già arriva vestito e pettinato, e Paolo invece, che era davanti a me solo poche centinaia di metri, arriva a nuoto anche lui fino in fondo alla tappa.

Quando ne esce scopriamo che é intirizzito; gli facciamo indossare ogni indumento caldo reperito nelle nostre borse ma per una mezz'ora buona trema ancora come una foglia mentre torniamo tutti insieme a Caldé in calo fondo. Lì trippa, salamelle, vino, maialino e i soliti complimenti che ci scambiamo sempre ad ogni tappa, e questa volta sono ancora più meritati del solito: freddo, onde, corrente, 7 km di lunghezza e niente sole, non ci hanno fermati!

Finisce così l'edizione LONGALAGO 2008.

Abbiamo percorso ad oggi 120 km a nuoto.

Nel 2009 ci aspetteranno ancora 4 lunghe tappe, da Locarno a tornare fino a Luino, per terminare la nostra passeggiata intorno al Lago Maggiore in terra italiana.
Sentiamo già la felicità e l'orgoglio che proveremo l'anno prossimo all'arrivo a Luino per avere portato a termine con grinta e determinazione innegabili un'avventura che avrà coinvolto moltissimi sportivi, ad oggi circa 50 nuotatori, i nostri amici, molte amministrazioni, i giornali e le televisioni.

Ma soprattutto forse saremo riusciti, sull'onda dell'interesse che avremmo suscitato nel pubblico, a parlare del nostro lago, della sua anima profonda, del rispetto che gli dobbiamo se vogliamo che viva in futuro per gli uomini e le donne che verranno dopo di noi.

LONGALAGO 2007: L'ORGANIZZAZIONE

Finita la meravigliosa avventura a remi della VIACOLMARMO! con l’arrivo spettacolare a Milano, abbiamo dovuto immediatamente riprendere le fila della LONGALAGO 2007, la cui partenza da Verbania a Suna era fissata per il 23 Giugno.
Rispetto al 2006 abbiamo semplificato moltissimo l’assistenza dei natanti, ridotti all’osso, sia per motivi di budget, ma anche perché in realtà si era visto che non erano mai emersi veri problemi di rischio.
Ce la siamo cavata benissimo con un paio di canotti e, nelle prime tappe nelle quali maggiore era il pericolo per la presenza di numerosi natanti, con l’assistenza anche della lancia a remi dei nostri amici di Verbania che avevano vogato con noi.
Quanto agli aspetti organizzativi abbiamo ricalcato tutti i passi già compiuti per l’edizione dell’anno scorso, in parte già iniziati e in fase di dialogo: le autorizzazioni, i patrocini, il coinvolgimento delle comunità locali, la comunicazione agli amici, la richiesta d’assistenza, ecc...
E tutti rispondono alle nostre lettere e mail con cortesia e simpatia: certo, il successo dell’anno prima e adesso quello della VIACOLMARMO! che sventoliamo davanti a tutti per accelerare le risposte ci hanno dato una credibilità nuova.
Forse tutti considerano Troubetzkoy e me, ancora un po’ matti, però anche efficienti (e fortunati).
È stato un bellissimo successo.

La Tappa 1 - 23 Giugno 2007: VERBANIA SUNA-FERIOLO km. 5,40

La tappa di sabato 23 giugno è una delle più lunghe affrontate dai nuotatori della LONGALAGO, è la prima di quest’anno, nessuno è ancora allenato, ma per fortuna inizia con un’alba splendida, aria tersa e niente vento che danno a sperare in condizioni di lago perfette.
In questa prima tappa l’assistenza, oltre che dai nostri amici della Polizia di Stato, è costituita da due gommoni, una lancia a remi con gli entusiasti vogatori che erano scesi a remi con noi fino a Milano e da un kajak con un divertente equipaggio: una nostra amica istruttrice di nuoto (un po’ soprappeso) con il suo cucciolo di doberman!
L’appuntamento è al porticciolo di Verbania Suna e i nostri sportivi arrivano alla spicciolata un po’ emozionati nel ricominciare dopo un anno l’avventura a nuoto: il paese di Feriolo si staglia all’orizzonte, lontanissimo, e sembra impossibile riuscire ad arrivare fino là a nuoto.

Ci prepariamo e partiamo; siamo in 9 e 2 di noi, due graziose signore, partecipano senza muta e anche se l’acqua è a temperatura ormai ragionevole, intorno ai 21°, è comunque una scelta coraggiosa stare in acqua 3 ore e più senza protezione, solo con un po’ di grasso spalmato sulla pelle alla partenza.
Il percorso da Suna fino all’edificio che ospitava la vecchia Osteria San Carlo all’inizio del canneto non ha molta storia; l’acqua è piuttosto torbida per i numerosi temporali dei giorni passati ed è difficile scorgere qualche pesce significativo sul fondale che sprofonda lentamente, abbastanza monotono, cosparso di ciottoli e praticamente privo di vegetazione subacquea fino alla fine dei Tre Ponti, dove affiorano formazioni di roccia di scisto e un po’ di vegetazione spontanea riesce ad arrivare fino all’acqua.
I pesci si lasciano desiderare e a parte qualche bel cavedano e un persico trota alla partenza nel porticciolo di Suna, incontriamo solo gardon e qualche alborellina.
Infine si arriva al canneto di Fondotoce e qualcuno si diverte ad avvicinarsi al fitto intrico di canne che spuntano dal fondo sabbioso; non sappiamo per la verità se siamo autorizzati a nuotare vicino al canneto o se dovremmo tenerci lontani alla distanza della fila di boe gialle che segnalano la riserva naturale; alla fine del canneto una spiaggia piena di bagnanti di un camping ci riporta per un attimo in un mondo variopinto e popolato.
In un attimo arriviamo alla foce del Toce e lì c’è l’unico momento di tensione perché l’acqua del fiume è del color del ghiaccio e ha formato interi isolotti di detriti galleggianti, sui quali si posano i gabbiani in cerca di pesce, mentre la temperatura scende di colpo probabilmente attorno ai 7°.
È un momento di difficoltà da superare con decisione reagendo per uscire il più in fretta possibile dalla corrente gelida e rientrare nelle acque più calde del lago, soprattutto per le nostre due compagne che nuotano senza muta e delle quali una avrà percorso alla fine tutti e sei i chilometri nuotando con invidiabile determinazione a rana!
Dalla foce del Toce fino a Feriolo l’acqua è sempre più sporca per i temporali degli ultimi giorni e la superficie è letteralmente coperta in vaste zone dai detriti galleggianti lasciati dalla buzza, come viene chiamata tradizionalmente la piena del fiume.
Nuotando si picchia contro qualche tronco, e si fa fatica a tenere la direzione nell’acqua sempre più torbida; il paese di Feriolo è ancora lontano e il campanile, ideale meta, s’ingrandisce lentissimamente, forse anche perché la stanchezza comincia a farsi sentire.
L’ultimo tratto a nuoto viene percorso fra le barche ancorate davanti ai campeggi e infine sbarchiamo stanchi al paese di Feriolo, alla nuova spiaggetta realizzata nell’angolo dove il paese s’incontra con la montagna.

Una graziosa signora, assessore del Comune di Baveno, ci accoglie gentilmente con un delizioso rinfresco e fatichiamo un poco ad aspettare l’arrivo della nostra sportiva che nuota a rana, ma alla fine l’educazione prevale e fino al suo arrivo nessuno tocca le pizzette e le patatine!
Siamo tutti contenti, abbiamo superato una distanza significativa che ci conforta per le future tappe, quest’avventura ripresa dopo un anno si riconferma divertente e piena di soddisfazioni e così ci salutiamo dandoci appuntamento per la mattina dopo.

La Tappa 2 - 24 Giugno 2007: FERIOLO-STRESA km. 5,40

Domenica 24 giugno comincia con un cielo nuvoloso, però non piove e soprattutto non tira vento.
Arriviamo a Feriolo per il raduno con un buon ritardo, perché la giornata della prima tappa è andata così bene tecnicamente che già ci stiamo tutti rilassando.
Ci contiamo e siamo di nuovo in 9, poi ci prepariamo attentamente assistendoci l’un l’altro per quei piccoli accorgimenti necessari per evitare abrasioni e tagli, facilissimi per la lunghezza della nuotata che ci aspetta.
Al pontile galleggiante ci aspetta il motoscafo della Polizia Provinciale, comandato da Manoni, recente protagonista, come scopriamo con grande emozione, di una scalata sull’Everest.

Più tardi arriva il canotto con i nostri amici della Polizia e abbiamo la piacevole sorpresa che oggi ci aspetta anche il motoscafo dei Carabinieri che ci scorteranno anch’essi in questa seconda tappa, che può presentare maggiori complessità perché davanti a Baveno e arrivando a Stresa il traffico di battelli di linea, motoscafi taxi, natanti da diporto, ecc. è molto intenso e, come scopriremo arrivando, tale da creare un moto ondoso molto significativo.
La tappa era programmata con arrivo intermedio a Baveno prima dell’imbarcadero, ricompattamento del gruppo, trasporto con le barche per circa 250 m a superare gli ostacoli di Baveno e ripresa della nuotata fino al Lido di Stresa Carciano, ma l’amministrazione di Stresa ci ha chiesto di procedere fino al Lido Blu per accoglierci in pieno centro di Stresa, allungando però così la tappa, già prevista di quasi 6 chilometri, di 1 ulteriore chilometro abbondante.
Un po’ questo ulteriore imprevisto tratto ci sgomenta perché il numero delle bracciate da fare diventa sempre più grande.
Tutti però decidiamo di partire ugualmente da Feriolo e la nuotata comincia, festosa come sempre, con i più veloci che si scatenano letteralmente come se dovessero nuotare per qualche decina di vasche di piscina.

È divertente vedere come ogni partecipante si sceglie un tragitto ideale e come si formano dei gruppetti che si sgranano secondo la velocità e la competizione che non manca mai anche in una nuotata come questa, dichiaratamente e manifestamente non agonistica.
Io mi porto subito sotto costa sperando di incontrare qualche bel pesce; dal fondo di ciottoli spuntano da subito parecchi blocchi di granito, più che massi erratici mi sembrano residui di lavorazione delle vicine cave finiti in acqua in modo incidentale cadendo dai barconi, perché se ne vedono effettivamente molto più numerosi del solito.
Ogni tanto dal fondo pietroso, da punti non caratterizzati in alcun modo, vengono a galla file e file di bollicine che non trovano la spiegazione perché sul fondo non c’è melma e non c’è materiale organico in decomposizione sepolto.
Quando ero piccolo, mi chiedevo sempre come il fondo di un lago potesse trattenere l’acqua e in fondo la risposta non la conosco neanche oggi che sono grande e mi viene da pensare sorridendo che queste bollicine significano che il lago perde!
Comunque, avanzando da Feriolo arrivo allo svincolo a ponte dell’uscita dall’autostrada e lì la sponda è tutta cosparsa sott’acqua di grandi massi di granito, affondati per costituire una barriera per la costruzione del manufatto stradale, a formare quasi una scogliera naturale.
L’aspetto di questa lunghissima frana appoggiata sul fondo è quanto mai naturale anche se non arriva mai ad una profondità superiore ai 2 m o 2 m e mezzo, e qui c’è una grande sorpresa: dalle tane fra i sassoni guizzano fuori cavedani e gardon in mezzo a nuvole di avannotti, assolutamente indisturbati dal rumore del traffico della vicinissima statale che invece spaventa a morte me quando una motocicletta romba velocissima a pochissima distanza sopra alla mia testa e non riesco a capire che cos’è questo rumore spaventoso che sembra piombarmi addosso.
Credo di non aver visto neanche un persico, mentre vedo con gioia 2 persici sole bellissimi e poi di colpo un incontro che mi blocca dall’emozione: una coppia di gigantesche carpe che grufolano sul fondo e che si allontanano vedendomi arrivare più per fastidio che non per paura.
Stimo ad occhio che ciascuna di quelle due bestie possa pesare intorno ai 10 kg; sono carpe normali, non a specchi, e sono stupefatto perché non ne avevo mai incontrate sott’acqua, anzi non le avevo mai neanche viste da fuori acqua, al punto che inizialmente mentre le scorgo con la coda dell’occhio penso che siano tinche e solo un attimo dopo capisco che tinche non sono, perché la dimensione è enorme.
Subito dopo ho contato a poco a poco almeno 10 grossi lucci e poi ancora altre due gigantesche carpe, il tutto su un percorso probabilmente non superiore al chilometro di costa.
Quel tratto è caratterizzato, oltre che da quella scogliera artificiale, da moltissimi salici cresciuti in riva all’acqua o addirittura dentro l’acqua, al punto che il fondale è disseminato di tronchi morti, di enormi radici affondate e di rami che entrano in acqua e forse questo crea un ambiente di contatto fra la vegetazione terrestre e l’acqua molto interessante per il pesce.
Immerso nelle fantasticazioni, non mi accorgo neanche d’aver nuotato già da più di un’ora e mi rendo conto d’essere arrivato a Baveno solo perché l’ennesima darsena contro il muro della quale rischio di sbattere è quella di villa Fedora con la spiaggia pubblica.
Alla spiaggia dell’Albergo Rigoli ci raccogliamo tutti e veniamo ricevuti dalla gentile proprietaria con un rinfresco molto apprezzato.

Siamo già in ritardo e ci spostiamo con le barche dopo il lungolago di Baveno per evitare l’imbarcadero e i motoscafi e quando ci riimmergiamo a nuotare quasi subito avvisto una quinta carpa, con un po’ di squame a specchi, e procedo guardando ancora con maggiore attenzione sperando di incontrarne altre.
Poi però, quasi a Villa Aminta, veniamo sballottati tutti a tal punto dal moto ondoso creato dai battellini e ingigantito dal rimbalzo fra la costa e le isole che decidiamo di risalire in barca e farci trasportare fin dopo il Lido di Carciano, anche perché, oltre ai problemi creati dai natanti, sembra che il Lido sia stato dichiarato non balneabile dall’ASL.
Ricominciamo a nuotare subito dopo Carciano e sfiliamo uno dietro l’altro costeggiando varie ville, fra le quali la povera Villa Castelli ormai diroccata, e gli alberghi del lungolago di Stresa per esibirci in un arrivo in volata davanti alla spiaggia pubblica del Lido Blu.

Lì ci aspettano il sindaco Di Milia e il consigliere Aguzzi con un gradito rinfresco presentato dai volontari della Croce Rossa e dopo le foto di rito ritorniamo alle nostre barche salutandoci per la tappa del 30 giugno, Stresa-Belgirate, di km. 6.
Ormai le distanze non ci spaventano più e a parte le fiacche delle mute e delle pinne, ci sentiamo molto baldanzosi.
La fine del lago comincia ad avvicinarsi e Novella ed io cominciamo a pensare a dove nuotare l’anno venturo!

La Tappa 3 - 30 Giugno 2007: STRESA-BELGIRATE km. 6,00

Sabato 30 giugno comincia con un bel cielo pulito e il sole.
Arrivati a Stresa per il raduno ci consultiamo tutti per prima cosa sulla situazione delle varie escoriazioni ereditate dalle tappe della settimana scorsa, in particolare sul collo e sulle dita dei piedi e ci consoliamo di essere riusciti durante la settimana a curarci alla bell’e meglio gli acciacchi.
Ci aspetta già il motoscafo dei Carabinieri che ci scorteranno per questa terza tappa, che non dovrebbe presentare particolari complessità tecniche perché lungo il tratto di costa che affronteremo il traffico di natanti è generalmente molto modesto.

Ci contiamo e siamo solo in 6 ma pieni di entusiasmo anche di fronte alla tappa lunghissima che ci aspetta, perché la distanza da percorrere è di nuovo di 6 km teorici, e quindi in realtà di più.
La solita partenza scatenata ci sgrana subito lungo la costa e io mi porto come di consueto subito sotto riva per fare le mie osservazioni del fondo, dei pesci e delle alghe, anche perché non riuscirei neanche volendo a nuotare al largo della costa sia perché comunque nuotare nell’acqua profonda mi crea sempre una certa apprensione, sia perché è molto più difficile nuotare diritto senza riferimenti visivi certi.
Poi perché altrimenti mi annoio.
Sembra strano, però in una nuotata che può durare anche 3 ore se non ci sono significativi diversivi, che per me sono in genere rappresentati da incontri con qualche pesce interessante, il movimento diventa meccanico e se davanti agli occhi c’è solo il verde scuro dell’acqua profonda la mente ha tutto il tempo per spaziare su tutti i pensieri che uno si porta dietro, da quelli più belli a quelli più ossessivi.
Invece io mi rendo conto che incontrando continuamente degli spunti o delle situazioni che catturano la mia attenzione e m’incuriosiscono potrei nuotare indefinitamente e il tempo passa senza che io mi annoi mai in questo mondo liquido che, per quanto anche solamente appena di poco sotto il pelo dell’acqua, è un mondo completamente diverso, come un pianeta parallelo.
Tornando alla nostra tappa, il primo lungo tratto dopo Stresa non riserva alcuna sorpresa; il fondo è costituito da una distesa di ciottoli digradanti molto morbidamente, senza pesci se non qualche piccolo ghiozzo o qualche cagnetta che guizzano di sasso in sasso.
In questo lungo deserto lunare ogni tanto appaiono gruppi di macigni, talvolta sono grandi blocchi di granito sicuramente trascinati da lontano dall’erosione glaciale, talaltra invece sono grandi strutture residuali dei promontori di scisto di cui è composta tutta la sponda e che mi ricordo si vedevano bene nei quadri del Carcano e del Gignous ambientati sulla costa di Stresa.
Ad un certo punto vedo anche un mucchio di blocchi di granito accatastati, perfettamente lavorati, probabilmente testimonianza di un antico naufragio di un barcone.
Girando dopo la punta verso Sud la costa comincia ad approfondirsi ed arrivando vicino al cantiere Vidoli comincio a vedere un po’ di pesci, qualche cavedano, gardon e persici sole; davanti alla spiaggia del ristorante San Giovanni a 2 m di profondità una biscia d’acqua caccia sotto i sassi infilandosi dentro con la testa e con gran parte del corpo.
Mi verrebbe voglia di cronometrare le sue apnee ma mi viene il dubbio che magari durano anche mezz’ora o più e io non posso aspettare così tanto tempo, altrimenti quando arrivo a Belgirate i miei amici mi hanno divorato tutte le pizzette.
Qualche darsena antica con il cancello arrugginito aperto verso il lago mi tenta e mi intimidisce insieme perché il timore del buio arrivando dal sole è sempre ancestrale.
Continuo a nuotare con un ritmo sostenuto costeggiando talvolta dei brevi tratti discontinui di canne, scoprendo con sorpresa che crescono tranquillamente anche dal fondo costituito di ciottoli, mentre io credevo che il loro habitat fosse esclusivamente il fondo sabbioso e soffice.
Finalmente supero il pontile della villa Dal Pozzo d’Annone e poi arrivo in vista dei primi edifici di Belgirate.

Lì si ripete la sorpresa che avevo avuto prima di Baveno, perché le opere a lago realizzate per costruire il porticciolo e le arcate davanti a villa Carlotta, basate su macigni di granito affondati alla rinfusa costituiscono uno splendido rifugio per tantissimi pesci, che guizzano frenetici al mio arrivo scappando dalle loro tane.
Sembra quasi di essere al mare e ci si immagina di vedere negli anfratti cernie, saraghi, occhiate, ma sono bellissimi anche con i nostri pesci di lago.
A riva sono stati piantati alberi di salice che hanno attecchito benissimo e le loro radici acquatiche, fitte e rosse, spuntano dal fondo in mezzo ai sassoni, muovendosi con le onde come se fossero attinie di mare.
Arrivo fino al lungolago di Belgirate e qui piante acquatiche lunghissime in fila si ergono dal fondo che scende ripido con un tratto sabbioso; è probabile che il fatto di avere realizzato l’allargamento del fronte a lago del paese sopra grandi piloni isolati di cemento, senza creare un muro continuo, abbia risparmiato quella parte di fondale mantenendo le caratteristiche dell’originaria corona e la vegetazione di prima.

Usciamo dall’acqua e ci riceve il sindaco professor Collini con l’assessore Conelli con un gentilissimo accoglimento a base di pizza squisita, torte salate, patatine fritte, ecc. che vengono da noi accolti con riconoscenza verso i gentili negozianti e ristoratori del paese che hanno contribuito tutti insieme a questa accoglienza a noi sportivi.
Quest’oggi non siamo tanti ma talmente affamati che, anche con l’aiuto della squadra di Polizia sopraggiunta anch’essa a scortarci, le vettovaglie finiscono tutte comprese le torte per 3 di noi che oggi compiono gli anni.
Oggi stesso infatti compiamo contemporaneamente gli anni sia mia moglie e io, che siamo nati lo stesso giorno dello stesso anno!, sia la nuova amica di Intra, Chiara Caretti, insegnante al Cobianchi, costretta sulla sedia a rotelle da una malattia progressiva, ma indomita ed entusiasta, che ci ha accompagnato in canotto vicino a Belgirate si è fatta coraggiosamente calare in acqua e trainare con un salvagente fino all’arrivo.
Un’altra tappa è finita, ci salutiamo per l’indomani, chi salta in macchina, chi in canotto, tutti probabilmente pronti per andare a fare una meritata siesta pomeridiana!

La Tappa 4 - 1 Luglio 2007: LESA-MEINA km. 6,20

Domenica 1 luglio comincia con un cielo carico di nuvole e qualche goccia di pioggia ci bagna mentre ci portiamo con il canotto da Pallanza fino a Lesa e commentiamo che non sarà sicuramente un problema per noi che nuotiamo ma per chi ci accompagna sul canotto.
Al pontile galleggiante di Lesa ci aspettano già tutti gli amici nuotatori e scopriamo con soddisfazione che oggi siamo di nuovo in 9.
La tappa è programmata senza soste fino a Meina e probabilmente è la più lunga di tutte quelle che fino ad oggi abbiamo percorso, anche se è possibile accorciarla un po’ tagliando il lungo golfo di Solcio.

Quando partiamo è grigio ma ha smesso di piovere e ci tuffiamo sapendo d’avere davanti un bel po’ di chilometri e un sacco di bracciate da fare.
Cominciamo ad avanzare nuotando intorno al lunghissimo cono di deiezione del torrente Erno, costeggiando all’inizio alcuni giardini magnifici, perfettamente curati anche nelle balaustre e nelle siepi verso lago, dietro alle quali si intravedono arretrate magnifiche ville.
Poi arriviamo verso la foce del torrente, dove un sacco di barche sono ferme per pescare con la canna e mi verrebbe voglia di capire cosa stanno insidiando, anche se a riva comincio a vedere un po’ di alborelline.
È buffo passare con la maschera pinneggiando sotto i pescatori e verrebbe quasi voglia di indicare loro che dove hanno calato la lenza non c’è proprio nulla e che invece dovrebbero spostarsi indietro di 100 m dove brulica di pesciolini, ma il reciproco imbarazzo è tangibile: nessuno ci chiede da dove veniamo e dove andiamo, anche se probabilmente non hanno mai visto una decina di palloncini gialli sfilare lungo la costa e scomparire dalla loro vista in pochi minuti.
Davanti all’estuario il fondo è sabbioso o con ghiaietto molto piccolo e, dove sprofonda, si legge ancora abbastanza ben delineata la riga della classica corona di alghe che un tempo costeggiava il lago dovunque questo non scendeva troppo rapidamente.
Di fatto, almeno per quello che abbiamo potuto vedere fino adesso, la peggiore condizione della vegetazione acquatica si trova all’interno del Golfo Borromeo, mentre da Ghiffa o meglio da Oggebbio verso il nord e da Lesa verso il sud si trovano ancora un po’ di piante acquatiche, quasi esclusivamente comunque della famiglia miriophillum e questo potrebbe forse coincidere con il fatto che i peggiori inquinamenti da sali pesanti, tali quindi da posarsi sul fondo ed avvelenarlo, si sono avuti storicamente dal Toce per colpa delle industrie dell’Ossola e del Cusio.
Se allora, e parliamo di un processo probabilmente iniziato almeno 25 anni fa, le piante acquatiche ad esempio di Pallanza, sono morte, può essere che per reintrodurle, senza aspettare tempi immemorabili, si possa tentare semplicemente di reimpiantarle; mi ricordo che qualunque rametto d’alga posato sul fondo cacciava ben presto radici da cui la pianta risaliva vigorosamente verso la superficie e il sole e mi rifiuto di pensare che la situazione oggi sia talmente grave che questo non si ripeta come sempre è stato.
Mi riprometto di provare appena avrò tempo, anche piantando le elodea densa che ho finalmente ritrovato abbondanti durante la VIACOLMARMO! nelle conche abbandonate dell’Incile di Panperduto del Villoresi.
Una parola andrebbe spesa sulla fioritura di anabena, l’alga monocellulare che sta invadendo da alcuni anni molti laghi prealpini fra cui anche sorprendentemente il lago di Garda e il Lago Maggiore, sorprendentemente in quanto sono laghi oligotrofi.
Non voglio dilungarmi in aspetti scientifici complessi, ma quotidianamente l’ARPA esegue monitoraggi sull’avanzamento della fioritura di questa alga, considerata potenzialmente tossica per il fegato e per i muscoli respiratori.
Noi ne attraversiamo a nuoto in queste tappe ampie distese caratterizzate da un forte odore e contemporaneamente i bagnanti in tutti i paesi rivieraschi si tuffano tranquillamente in questa massa dall’aspetto sgradevole; speriamo che non si rivelino pericoli a lungo termine.
Ogni tanto la visibilità diventa difficile e talvolta non per la presenza dell’anabena, ma sorprendentemente per l’enorme numero di avannotti che nuotano davanti alla nostra maschera subacquea fissandoci con le migliaia di punte di spillo degli occhietti e mi chiedo ancora perché qualche tratto di costa è privo di vita e qualche altro brulica di pesci: forse se avessimo delle risposte potremmo creare delle zone di riproduzione agevolata e reincrementare la popolazione ittica.

Attraverso il Golfo di Solcio tagliando attraverso le boe delle barche ancorate e affronto il tratto abbastanza naturalmente conservato davanti alla povera Villa Cavallini, sede di un Istituto Agrario, che versa in condizioni sempre più disastrose.
Molti alberi si immergono nell’acqua, vedo un bel persico trota e nella baietta successiva nuoto per diverse centinaia di metri in una nuvola fittissima di alborelline, curate a vista da giganteschi cavedani che evidentemente seguono lo sciame di cui si nutrono.
Poi ancora alcune belle ville sul lago e ci avviciniamo a Meina attraversando una lunga baia con barche a vela e motoscafi ancorati.
Supero il Lido cercando di orientarmi con i nostri ricordi dalla strada statale ma fatico a ritrovare i punti di riferimento noti e mi trovo rapidamente davanti alla foce di un torrente che entra in lago completamente canalizzato fra i muri di due giardini di antiche ville oggi in ristrutturazione (villa Castiglioni?) e qui trovo una spiaggia subacquea di sabbia bianchissima tutta sagomata ad onde come al mare e sul fondo, a 1 metro scarso di profondità, l’acqua gelida del torrente che scorre sotto gli strati superficiali dell’acqua del lago.
Siamo quasi arrivati ma proprio pochi metri prima della triste massa di cemento dell’Albergo Milano abbiamo la brutta sorpresa di vedere un grosso manufatto che scarica 2 m sotto la superficie un flusso d’acqua di fogna grigia, carica di detersivi e con il solito sciame di cavedani che brulicano sempre in presenza di materiale organico versato in acqua!
Poi dopo l’imbarcadero ancora un paio di cantieri di edifici in ristrutturazione e ancora la sorpresa di vedere con dispiacere che in lago è stato rovesciato di tutto, dai profili di ferro ai pezzi d’alluminio ai blocchi di cemento, e questo anche in tempi recentissimi, come si vede dal fatto che il metallo brilla e non è ricoperto di muschio e alghe.
Mi riprometto di riferire queste scoperte al Comune di Meina perché vengano presi i giusti provvedimenti e arrivo infine alla gradinata di granito che costituisce una sorta di spiaggia del paese, ove noto con dispiacere che l’acqua è sporchissima con le solite alghe cianobatteri e con molto materiale che galleggia.
Vedremo nei prossimi giorni se la parte bassa del lago raccoglie a causa dei venti del nord prevalenti tutto quanto galleggia sull’acqua e che condizioni troveremo nuotando fino al Ticino.
Anche oggi la nostra passeggiata acquatica è finita e non nascondiamo d’essere tutti orgogliosi della resistenza nostra e soprattutto della nostra amica Erica che da Lesa imperterrita è arrivata a Meina nuotando a rana!

La Tappa 5 - 7 Luglio 2007: MEINA-ARONA-ANGERA-LISANZA km. 6,20

La tappa di sabato 7 luglio è una tappa un po’ particolare, con l’arrivo intermedio ad Arona e la traversata con il battello pubblico che ci obbliga ad una puntualità cui non siamo abituati.
L’appuntamento per la partenza è alla spiaggia di Meina dove ci ritroviamo tutti contenti anche perché visibilmente le ultime due tappe ci riserveranno di nuovo sole e niente vento.
Ci prepariamo e partiamo; siamo in 9 e ormai la scelta di alcuni di nuotare senza muta comincia ad essere più ragionevole visto che il tempo e la temperatura sono sempre più estivi, anzi nelle ore che passiamo al sole prima e dopo la nuotata ci stiamo scottando senza neanche accorgerci; in particolare chi nuota senza cappuccio ha tutta la fronte bruciata dal sole.

In questa tappa l’assistenza è costituita da un gommone della Croce Rossa Italiana, dall’aspetto molto professionale, che ci prende in carico da Meina fino ad Arona, e da tre natanti che sono poi quelli con i quali siamo arrivati dall’alto Lago fino al luogo di partenza.
Durante la settimana passata mi sono preoccupato di scrivere al sindaco di Meina segnalandogli lo scarico fognario in funzione in centro al paese e chiedendogli di ragguagliarmi sui provvedimenti che prenderà per risolvere il problema, probabilmente dovuto a scarichi abusivi inseritisi in qualche manufatto destinato alla sola acqua piovana; vediamo se mi risponde o se mi considererà un petulante rompiscatole!
Da Meina il tratto di costa fino ad Arona è abbastanza poco significativo, con fondale di ciottoli che scende lentamente verso il largo; alcuni tratti di canneto a riva e una buona quantità di piante acquatiche a formare corona danno l’idea di una situazione decorosa dal punto di vista della qualità dell’acqua e del fondo.
Incontro pochi pesci, qualche volta qualche nuvola d’avannotti ci intralcia la vista e diversi cavedani ci tagliano la strada pinneggiando nervosamente pensando chissà che cosa di noi, perché sono sempre stato convinto sin da piccolo che il cavedano è il pesce più intelligente del lago, con un’attenzione incredibile a tutto quello che gli succede intorno, al punto che con la canna in tutta la mia vita sono riuscito a prenderne pochissimi: solo quando cinquant’anni fa alle 3 del pomeriggio si svuotava il secchio dei rifiuti di cucina in lago!
A raccontarlo oggi sembra preistoria ma un tempo nei rifiuti domestici non c’era la plastica, praticamente non c’erano imballaggi e tutti i rifiuti erano perfettamente biodegradabili, a meno che non li divorassero immediatamente i giganteschi cavedani che tutti i giorni si davano appuntamento a quell’ora per quella festa straordinaria.
Astutamente, ma stando perfettamente invisibile dai cavedani, buttavo in mezzo ai rifiuti anche qualche pezzo di formaggio con l’amo e così qualche volta mi è riuscito di agganciarne uno.
Nelle lunghissime ore in cui ho nuotato in questo lungo viaggio, da Locarno fino a Sesto Calende alla fine del lago sono riaffiorati tantissimi altri ricordi della mia vita da bambino in riva all’acqua, di quando non c’era ancora quella grande diffidenza che dopo gli anni bui dell’inquinamento massiccio degli anni 60 ha allontanato la gente dal lago al punto che conosco tanti che in tutta la loro vita non hanno mai fatto un bagno in lago!
Ma è un discorso lungo ed è anche uno dei motivi per cui abbiamo cominciato la nostra passeggiata.
Tornando alla nostra tappa, ci avviciniamo abbastanza velocemente ad Arona, vicino alla Rocca il lago sprofonda più velocemente e vedo sott’acqua quelli che penso essere i resti delle palafitte che sorreggevano i muraglioni del vecchio importantissimo sistema portuale raffigurato in molte stampe antiche.

All’arrivo i miei amici mi riferiscono d’aver incontrato però un forte odore di fognatura, che certamente è indice di condizioni di funzionamento non perfette; io non lo percepisco perché avendo una maschera completa e non gli occhialini ho il naso coperto.
Sbarchiamo poco prima dell’imbarcadero, dove ci attende un gentile rinfresco predisposto dall’efficientissimo Moro presidente della Pro Loco e ci rechiamo tutti insieme a vedere due esemplari della nuova Fiat 500, che effettivamente è molto bella e certamente avrà il successo che i mass media le stanno decretando.

Tutti bagnati non ce la sentiamo di sederci al posto di guida e veniamo intervistati in diretta da un cronista di RADIO DEEJAY con il quale scambiamo rapidamente qualche battuta spiritosa beneaugurante per la nuova macchinetta, perché il tempo stringe e tutti noi nuotatori fra la sorpresa degli altri viaggiatori saltiamo in muta e costume da bagno sul battello pubblico che ci porta ad Angera.
Lì arrivati, ci rituffiamo tutti insieme da una bellissima costa erbosa costeggiando il primo tratto di Lombardia, interamente orlato da canneti e salici.
Il fondale è perfettamente uniforme con sabbia finissima nella quale tracciano i loro solchi grandi molluschi bivalvi simili a cozze, con i quali pochi anni fa qualcuno ancora cucinava zuppettine e brodetti!
Ogni tanto sott’acqua incontro grandi mucchi tondeggianti di sassoni rotondi con pareti verticali, perfettamente omogenei per composizione, al punto da far pensare a costruzioni artificiali, ma non riesco proprio a spiegarmi a cosa potrebbero essere servite queste opere ad un metro di profondità, inaccessibili da riva.
Comunque fanno una sensazione strana perché in chilometri di costa sabbiosa non mi ricordo d’aver visto un solo sassone isolato e qui sono invece tutti raggruppati in questa specie di nuraghi subacquei bassi, come se qualcuno li avesse sistematicamente raccolti come si faceva tradizionalmente nelle campagne aride e sassose.
Incontriamo ogni tanto grandi banchi d’avannotti rigorosamente divisi per livelli di profondità, con quelli piccolissimi a galla e man a mano scendendo le taglie più grossine; mi immagino che intorno a tutto questo ben di dio di cibo pulluli anche di grossi predatori e sospinto dalla fantasia ho qualche volta la sensazione di vedere a fondo muoversi qualche sagoma grossa, però resto deluso nelle mie aspettative d’incontrare giganteschi lucci appostati sulla sabbia o enormi luccioperca celati in mezzo alle canne.
Non vedo nessuna biscia d’acqua ma è magnifico lo stesso perché l’acqua è pulita, il sole è bellissimo, il lago è piatto e la costa è tutta verdeggiante.
Scegliamo un punto a caso per arrivare a terra e tutti contenti scopriamo d’aver nuotato ben oltre il punto che c’eravamo prefissati di raggiungere: meglio così, domani è l’ultima tappa e possiamo prendercela con comodo partendo tardi e nuotando piano, se riusciamo a trattenere il nostro entusiasmo e la nostra competitività.