LOGO DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE LONGALAGO

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LONGALAGO 2007: L'ORGANIZZAZIONE

Finita la meravigliosa avventura a remi della VIACOLMARMO! con l’arrivo spettacolare a Milano, abbiamo dovuto immediatamente riprendere le fila della LONGALAGO 2007, la cui partenza da Verbania a Suna era fissata per il 23 Giugno.
Rispetto al 2006 abbiamo semplificato moltissimo l’assistenza dei natanti, ridotti all’osso, sia per motivi di budget, ma anche perché in realtà si era visto che non erano mai emersi veri problemi di rischio.
Ce la siamo cavata benissimo con un paio di canotti e, nelle prime tappe nelle quali maggiore era il pericolo per la presenza di numerosi natanti, con l’assistenza anche della lancia a remi dei nostri amici di Verbania che avevano vogato con noi.
Quanto agli aspetti organizzativi abbiamo ricalcato tutti i passi già compiuti per l’edizione dell’anno scorso, in parte già iniziati e in fase di dialogo: le autorizzazioni, i patrocini, il coinvolgimento delle comunità locali, la comunicazione agli amici, la richiesta d’assistenza, ecc...
E tutti rispondono alle nostre lettere e mail con cortesia e simpatia: certo, il successo dell’anno prima e adesso quello della VIACOLMARMO! che sventoliamo davanti a tutti per accelerare le risposte ci hanno dato una credibilità nuova.
Forse tutti considerano Troubetzkoy e me, ancora un po’ matti, però anche efficienti (e fortunati).
È stato un bellissimo successo.

La Tappa 1 - 23 Giugno 2007: VERBANIA SUNA-FERIOLO km. 5,40

La tappa di sabato 23 giugno è una delle più lunghe affrontate dai nuotatori della LONGALAGO, è la prima di quest’anno, nessuno è ancora allenato, ma per fortuna inizia con un’alba splendida, aria tersa e niente vento che danno a sperare in condizioni di lago perfette.
In questa prima tappa l’assistenza, oltre che dai nostri amici della Polizia di Stato, è costituita da due gommoni, una lancia a remi con gli entusiasti vogatori che erano scesi a remi con noi fino a Milano e da un kajak con un divertente equipaggio: una nostra amica istruttrice di nuoto (un po’ soprappeso) con il suo cucciolo di doberman!
L’appuntamento è al porticciolo di Verbania Suna e i nostri sportivi arrivano alla spicciolata un po’ emozionati nel ricominciare dopo un anno l’avventura a nuoto: il paese di Feriolo si staglia all’orizzonte, lontanissimo, e sembra impossibile riuscire ad arrivare fino là a nuoto.

Ci prepariamo e partiamo; siamo in 9 e 2 di noi, due graziose signore, partecipano senza muta e anche se l’acqua è a temperatura ormai ragionevole, intorno ai 21°, è comunque una scelta coraggiosa stare in acqua 3 ore e più senza protezione, solo con un po’ di grasso spalmato sulla pelle alla partenza.
Il percorso da Suna fino all’edificio che ospitava la vecchia Osteria San Carlo all’inizio del canneto non ha molta storia; l’acqua è piuttosto torbida per i numerosi temporali dei giorni passati ed è difficile scorgere qualche pesce significativo sul fondale che sprofonda lentamente, abbastanza monotono, cosparso di ciottoli e praticamente privo di vegetazione subacquea fino alla fine dei Tre Ponti, dove affiorano formazioni di roccia di scisto e un po’ di vegetazione spontanea riesce ad arrivare fino all’acqua.
I pesci si lasciano desiderare e a parte qualche bel cavedano e un persico trota alla partenza nel porticciolo di Suna, incontriamo solo gardon e qualche alborellina.
Infine si arriva al canneto di Fondotoce e qualcuno si diverte ad avvicinarsi al fitto intrico di canne che spuntano dal fondo sabbioso; non sappiamo per la verità se siamo autorizzati a nuotare vicino al canneto o se dovremmo tenerci lontani alla distanza della fila di boe gialle che segnalano la riserva naturale; alla fine del canneto una spiaggia piena di bagnanti di un camping ci riporta per un attimo in un mondo variopinto e popolato.
In un attimo arriviamo alla foce del Toce e lì c’è l’unico momento di tensione perché l’acqua del fiume è del color del ghiaccio e ha formato interi isolotti di detriti galleggianti, sui quali si posano i gabbiani in cerca di pesce, mentre la temperatura scende di colpo probabilmente attorno ai 7°.
È un momento di difficoltà da superare con decisione reagendo per uscire il più in fretta possibile dalla corrente gelida e rientrare nelle acque più calde del lago, soprattutto per le nostre due compagne che nuotano senza muta e delle quali una avrà percorso alla fine tutti e sei i chilometri nuotando con invidiabile determinazione a rana!
Dalla foce del Toce fino a Feriolo l’acqua è sempre più sporca per i temporali degli ultimi giorni e la superficie è letteralmente coperta in vaste zone dai detriti galleggianti lasciati dalla buzza, come viene chiamata tradizionalmente la piena del fiume.
Nuotando si picchia contro qualche tronco, e si fa fatica a tenere la direzione nell’acqua sempre più torbida; il paese di Feriolo è ancora lontano e il campanile, ideale meta, s’ingrandisce lentissimamente, forse anche perché la stanchezza comincia a farsi sentire.
L’ultimo tratto a nuoto viene percorso fra le barche ancorate davanti ai campeggi e infine sbarchiamo stanchi al paese di Feriolo, alla nuova spiaggetta realizzata nell’angolo dove il paese s’incontra con la montagna.

Una graziosa signora, assessore del Comune di Baveno, ci accoglie gentilmente con un delizioso rinfresco e fatichiamo un poco ad aspettare l’arrivo della nostra sportiva che nuota a rana, ma alla fine l’educazione prevale e fino al suo arrivo nessuno tocca le pizzette e le patatine!
Siamo tutti contenti, abbiamo superato una distanza significativa che ci conforta per le future tappe, quest’avventura ripresa dopo un anno si riconferma divertente e piena di soddisfazioni e così ci salutiamo dandoci appuntamento per la mattina dopo.

La Tappa 2 - 24 Giugno 2007: FERIOLO-STRESA km. 5,40

Domenica 24 giugno comincia con un cielo nuvoloso, però non piove e soprattutto non tira vento.
Arriviamo a Feriolo per il raduno con un buon ritardo, perché la giornata della prima tappa è andata così bene tecnicamente che già ci stiamo tutti rilassando.
Ci contiamo e siamo di nuovo in 9, poi ci prepariamo attentamente assistendoci l’un l’altro per quei piccoli accorgimenti necessari per evitare abrasioni e tagli, facilissimi per la lunghezza della nuotata che ci aspetta.
Al pontile galleggiante ci aspetta il motoscafo della Polizia Provinciale, comandato da Manoni, recente protagonista, come scopriamo con grande emozione, di una scalata sull’Everest.

Più tardi arriva il canotto con i nostri amici della Polizia e abbiamo la piacevole sorpresa che oggi ci aspetta anche il motoscafo dei Carabinieri che ci scorteranno anch’essi in questa seconda tappa, che può presentare maggiori complessità perché davanti a Baveno e arrivando a Stresa il traffico di battelli di linea, motoscafi taxi, natanti da diporto, ecc. è molto intenso e, come scopriremo arrivando, tale da creare un moto ondoso molto significativo.
La tappa era programmata con arrivo intermedio a Baveno prima dell’imbarcadero, ricompattamento del gruppo, trasporto con le barche per circa 250 m a superare gli ostacoli di Baveno e ripresa della nuotata fino al Lido di Stresa Carciano, ma l’amministrazione di Stresa ci ha chiesto di procedere fino al Lido Blu per accoglierci in pieno centro di Stresa, allungando però così la tappa, già prevista di quasi 6 chilometri, di 1 ulteriore chilometro abbondante.
Un po’ questo ulteriore imprevisto tratto ci sgomenta perché il numero delle bracciate da fare diventa sempre più grande.
Tutti però decidiamo di partire ugualmente da Feriolo e la nuotata comincia, festosa come sempre, con i più veloci che si scatenano letteralmente come se dovessero nuotare per qualche decina di vasche di piscina.

È divertente vedere come ogni partecipante si sceglie un tragitto ideale e come si formano dei gruppetti che si sgranano secondo la velocità e la competizione che non manca mai anche in una nuotata come questa, dichiaratamente e manifestamente non agonistica.
Io mi porto subito sotto costa sperando di incontrare qualche bel pesce; dal fondo di ciottoli spuntano da subito parecchi blocchi di granito, più che massi erratici mi sembrano residui di lavorazione delle vicine cave finiti in acqua in modo incidentale cadendo dai barconi, perché se ne vedono effettivamente molto più numerosi del solito.
Ogni tanto dal fondo pietroso, da punti non caratterizzati in alcun modo, vengono a galla file e file di bollicine che non trovano la spiegazione perché sul fondo non c’è melma e non c’è materiale organico in decomposizione sepolto.
Quando ero piccolo, mi chiedevo sempre come il fondo di un lago potesse trattenere l’acqua e in fondo la risposta non la conosco neanche oggi che sono grande e mi viene da pensare sorridendo che queste bollicine significano che il lago perde!
Comunque, avanzando da Feriolo arrivo allo svincolo a ponte dell’uscita dall’autostrada e lì la sponda è tutta cosparsa sott’acqua di grandi massi di granito, affondati per costituire una barriera per la costruzione del manufatto stradale, a formare quasi una scogliera naturale.
L’aspetto di questa lunghissima frana appoggiata sul fondo è quanto mai naturale anche se non arriva mai ad una profondità superiore ai 2 m o 2 m e mezzo, e qui c’è una grande sorpresa: dalle tane fra i sassoni guizzano fuori cavedani e gardon in mezzo a nuvole di avannotti, assolutamente indisturbati dal rumore del traffico della vicinissima statale che invece spaventa a morte me quando una motocicletta romba velocissima a pochissima distanza sopra alla mia testa e non riesco a capire che cos’è questo rumore spaventoso che sembra piombarmi addosso.
Credo di non aver visto neanche un persico, mentre vedo con gioia 2 persici sole bellissimi e poi di colpo un incontro che mi blocca dall’emozione: una coppia di gigantesche carpe che grufolano sul fondo e che si allontanano vedendomi arrivare più per fastidio che non per paura.
Stimo ad occhio che ciascuna di quelle due bestie possa pesare intorno ai 10 kg; sono carpe normali, non a specchi, e sono stupefatto perché non ne avevo mai incontrate sott’acqua, anzi non le avevo mai neanche viste da fuori acqua, al punto che inizialmente mentre le scorgo con la coda dell’occhio penso che siano tinche e solo un attimo dopo capisco che tinche non sono, perché la dimensione è enorme.
Subito dopo ho contato a poco a poco almeno 10 grossi lucci e poi ancora altre due gigantesche carpe, il tutto su un percorso probabilmente non superiore al chilometro di costa.
Quel tratto è caratterizzato, oltre che da quella scogliera artificiale, da moltissimi salici cresciuti in riva all’acqua o addirittura dentro l’acqua, al punto che il fondale è disseminato di tronchi morti, di enormi radici affondate e di rami che entrano in acqua e forse questo crea un ambiente di contatto fra la vegetazione terrestre e l’acqua molto interessante per il pesce.
Immerso nelle fantasticazioni, non mi accorgo neanche d’aver nuotato già da più di un’ora e mi rendo conto d’essere arrivato a Baveno solo perché l’ennesima darsena contro il muro della quale rischio di sbattere è quella di villa Fedora con la spiaggia pubblica.
Alla spiaggia dell’Albergo Rigoli ci raccogliamo tutti e veniamo ricevuti dalla gentile proprietaria con un rinfresco molto apprezzato.

Siamo già in ritardo e ci spostiamo con le barche dopo il lungolago di Baveno per evitare l’imbarcadero e i motoscafi e quando ci riimmergiamo a nuotare quasi subito avvisto una quinta carpa, con un po’ di squame a specchi, e procedo guardando ancora con maggiore attenzione sperando di incontrarne altre.
Poi però, quasi a Villa Aminta, veniamo sballottati tutti a tal punto dal moto ondoso creato dai battellini e ingigantito dal rimbalzo fra la costa e le isole che decidiamo di risalire in barca e farci trasportare fin dopo il Lido di Carciano, anche perché, oltre ai problemi creati dai natanti, sembra che il Lido sia stato dichiarato non balneabile dall’ASL.
Ricominciamo a nuotare subito dopo Carciano e sfiliamo uno dietro l’altro costeggiando varie ville, fra le quali la povera Villa Castelli ormai diroccata, e gli alberghi del lungolago di Stresa per esibirci in un arrivo in volata davanti alla spiaggia pubblica del Lido Blu.

Lì ci aspettano il sindaco Di Milia e il consigliere Aguzzi con un gradito rinfresco presentato dai volontari della Croce Rossa e dopo le foto di rito ritorniamo alle nostre barche salutandoci per la tappa del 30 giugno, Stresa-Belgirate, di km. 6.
Ormai le distanze non ci spaventano più e a parte le fiacche delle mute e delle pinne, ci sentiamo molto baldanzosi.
La fine del lago comincia ad avvicinarsi e Novella ed io cominciamo a pensare a dove nuotare l’anno venturo!

La Tappa 3 - 30 Giugno 2007: STRESA-BELGIRATE km. 6,00

Sabato 30 giugno comincia con un bel cielo pulito e il sole.
Arrivati a Stresa per il raduno ci consultiamo tutti per prima cosa sulla situazione delle varie escoriazioni ereditate dalle tappe della settimana scorsa, in particolare sul collo e sulle dita dei piedi e ci consoliamo di essere riusciti durante la settimana a curarci alla bell’e meglio gli acciacchi.
Ci aspetta già il motoscafo dei Carabinieri che ci scorteranno per questa terza tappa, che non dovrebbe presentare particolari complessità tecniche perché lungo il tratto di costa che affronteremo il traffico di natanti è generalmente molto modesto.

Ci contiamo e siamo solo in 6 ma pieni di entusiasmo anche di fronte alla tappa lunghissima che ci aspetta, perché la distanza da percorrere è di nuovo di 6 km teorici, e quindi in realtà di più.
La solita partenza scatenata ci sgrana subito lungo la costa e io mi porto come di consueto subito sotto riva per fare le mie osservazioni del fondo, dei pesci e delle alghe, anche perché non riuscirei neanche volendo a nuotare al largo della costa sia perché comunque nuotare nell’acqua profonda mi crea sempre una certa apprensione, sia perché è molto più difficile nuotare diritto senza riferimenti visivi certi.
Poi perché altrimenti mi annoio.
Sembra strano, però in una nuotata che può durare anche 3 ore se non ci sono significativi diversivi, che per me sono in genere rappresentati da incontri con qualche pesce interessante, il movimento diventa meccanico e se davanti agli occhi c’è solo il verde scuro dell’acqua profonda la mente ha tutto il tempo per spaziare su tutti i pensieri che uno si porta dietro, da quelli più belli a quelli più ossessivi.
Invece io mi rendo conto che incontrando continuamente degli spunti o delle situazioni che catturano la mia attenzione e m’incuriosiscono potrei nuotare indefinitamente e il tempo passa senza che io mi annoi mai in questo mondo liquido che, per quanto anche solamente appena di poco sotto il pelo dell’acqua, è un mondo completamente diverso, come un pianeta parallelo.
Tornando alla nostra tappa, il primo lungo tratto dopo Stresa non riserva alcuna sorpresa; il fondo è costituito da una distesa di ciottoli digradanti molto morbidamente, senza pesci se non qualche piccolo ghiozzo o qualche cagnetta che guizzano di sasso in sasso.
In questo lungo deserto lunare ogni tanto appaiono gruppi di macigni, talvolta sono grandi blocchi di granito sicuramente trascinati da lontano dall’erosione glaciale, talaltra invece sono grandi strutture residuali dei promontori di scisto di cui è composta tutta la sponda e che mi ricordo si vedevano bene nei quadri del Carcano e del Gignous ambientati sulla costa di Stresa.
Ad un certo punto vedo anche un mucchio di blocchi di granito accatastati, perfettamente lavorati, probabilmente testimonianza di un antico naufragio di un barcone.
Girando dopo la punta verso Sud la costa comincia ad approfondirsi ed arrivando vicino al cantiere Vidoli comincio a vedere un po’ di pesci, qualche cavedano, gardon e persici sole; davanti alla spiaggia del ristorante San Giovanni a 2 m di profondità una biscia d’acqua caccia sotto i sassi infilandosi dentro con la testa e con gran parte del corpo.
Mi verrebbe voglia di cronometrare le sue apnee ma mi viene il dubbio che magari durano anche mezz’ora o più e io non posso aspettare così tanto tempo, altrimenti quando arrivo a Belgirate i miei amici mi hanno divorato tutte le pizzette.
Qualche darsena antica con il cancello arrugginito aperto verso il lago mi tenta e mi intimidisce insieme perché il timore del buio arrivando dal sole è sempre ancestrale.
Continuo a nuotare con un ritmo sostenuto costeggiando talvolta dei brevi tratti discontinui di canne, scoprendo con sorpresa che crescono tranquillamente anche dal fondo costituito di ciottoli, mentre io credevo che il loro habitat fosse esclusivamente il fondo sabbioso e soffice.
Finalmente supero il pontile della villa Dal Pozzo d’Annone e poi arrivo in vista dei primi edifici di Belgirate.

Lì si ripete la sorpresa che avevo avuto prima di Baveno, perché le opere a lago realizzate per costruire il porticciolo e le arcate davanti a villa Carlotta, basate su macigni di granito affondati alla rinfusa costituiscono uno splendido rifugio per tantissimi pesci, che guizzano frenetici al mio arrivo scappando dalle loro tane.
Sembra quasi di essere al mare e ci si immagina di vedere negli anfratti cernie, saraghi, occhiate, ma sono bellissimi anche con i nostri pesci di lago.
A riva sono stati piantati alberi di salice che hanno attecchito benissimo e le loro radici acquatiche, fitte e rosse, spuntano dal fondo in mezzo ai sassoni, muovendosi con le onde come se fossero attinie di mare.
Arrivo fino al lungolago di Belgirate e qui piante acquatiche lunghissime in fila si ergono dal fondo che scende ripido con un tratto sabbioso; è probabile che il fatto di avere realizzato l’allargamento del fronte a lago del paese sopra grandi piloni isolati di cemento, senza creare un muro continuo, abbia risparmiato quella parte di fondale mantenendo le caratteristiche dell’originaria corona e la vegetazione di prima.

Usciamo dall’acqua e ci riceve il sindaco professor Collini con l’assessore Conelli con un gentilissimo accoglimento a base di pizza squisita, torte salate, patatine fritte, ecc. che vengono da noi accolti con riconoscenza verso i gentili negozianti e ristoratori del paese che hanno contribuito tutti insieme a questa accoglienza a noi sportivi.
Quest’oggi non siamo tanti ma talmente affamati che, anche con l’aiuto della squadra di Polizia sopraggiunta anch’essa a scortarci, le vettovaglie finiscono tutte comprese le torte per 3 di noi che oggi compiono gli anni.
Oggi stesso infatti compiamo contemporaneamente gli anni sia mia moglie e io, che siamo nati lo stesso giorno dello stesso anno!, sia la nuova amica di Intra, Chiara Caretti, insegnante al Cobianchi, costretta sulla sedia a rotelle da una malattia progressiva, ma indomita ed entusiasta, che ci ha accompagnato in canotto vicino a Belgirate si è fatta coraggiosamente calare in acqua e trainare con un salvagente fino all’arrivo.
Un’altra tappa è finita, ci salutiamo per l’indomani, chi salta in macchina, chi in canotto, tutti probabilmente pronti per andare a fare una meritata siesta pomeridiana!

La Tappa 4 - 1 Luglio 2007: LESA-MEINA km. 6,20

Domenica 1 luglio comincia con un cielo carico di nuvole e qualche goccia di pioggia ci bagna mentre ci portiamo con il canotto da Pallanza fino a Lesa e commentiamo che non sarà sicuramente un problema per noi che nuotiamo ma per chi ci accompagna sul canotto.
Al pontile galleggiante di Lesa ci aspettano già tutti gli amici nuotatori e scopriamo con soddisfazione che oggi siamo di nuovo in 9.
La tappa è programmata senza soste fino a Meina e probabilmente è la più lunga di tutte quelle che fino ad oggi abbiamo percorso, anche se è possibile accorciarla un po’ tagliando il lungo golfo di Solcio.

Quando partiamo è grigio ma ha smesso di piovere e ci tuffiamo sapendo d’avere davanti un bel po’ di chilometri e un sacco di bracciate da fare.
Cominciamo ad avanzare nuotando intorno al lunghissimo cono di deiezione del torrente Erno, costeggiando all’inizio alcuni giardini magnifici, perfettamente curati anche nelle balaustre e nelle siepi verso lago, dietro alle quali si intravedono arretrate magnifiche ville.
Poi arriviamo verso la foce del torrente, dove un sacco di barche sono ferme per pescare con la canna e mi verrebbe voglia di capire cosa stanno insidiando, anche se a riva comincio a vedere un po’ di alborelline.
È buffo passare con la maschera pinneggiando sotto i pescatori e verrebbe quasi voglia di indicare loro che dove hanno calato la lenza non c’è proprio nulla e che invece dovrebbero spostarsi indietro di 100 m dove brulica di pesciolini, ma il reciproco imbarazzo è tangibile: nessuno ci chiede da dove veniamo e dove andiamo, anche se probabilmente non hanno mai visto una decina di palloncini gialli sfilare lungo la costa e scomparire dalla loro vista in pochi minuti.
Davanti all’estuario il fondo è sabbioso o con ghiaietto molto piccolo e, dove sprofonda, si legge ancora abbastanza ben delineata la riga della classica corona di alghe che un tempo costeggiava il lago dovunque questo non scendeva troppo rapidamente.
Di fatto, almeno per quello che abbiamo potuto vedere fino adesso, la peggiore condizione della vegetazione acquatica si trova all’interno del Golfo Borromeo, mentre da Ghiffa o meglio da Oggebbio verso il nord e da Lesa verso il sud si trovano ancora un po’ di piante acquatiche, quasi esclusivamente comunque della famiglia miriophillum e questo potrebbe forse coincidere con il fatto che i peggiori inquinamenti da sali pesanti, tali quindi da posarsi sul fondo ed avvelenarlo, si sono avuti storicamente dal Toce per colpa delle industrie dell’Ossola e del Cusio.
Se allora, e parliamo di un processo probabilmente iniziato almeno 25 anni fa, le piante acquatiche ad esempio di Pallanza, sono morte, può essere che per reintrodurle, senza aspettare tempi immemorabili, si possa tentare semplicemente di reimpiantarle; mi ricordo che qualunque rametto d’alga posato sul fondo cacciava ben presto radici da cui la pianta risaliva vigorosamente verso la superficie e il sole e mi rifiuto di pensare che la situazione oggi sia talmente grave che questo non si ripeta come sempre è stato.
Mi riprometto di provare appena avrò tempo, anche piantando le elodea densa che ho finalmente ritrovato abbondanti durante la VIACOLMARMO! nelle conche abbandonate dell’Incile di Panperduto del Villoresi.
Una parola andrebbe spesa sulla fioritura di anabena, l’alga monocellulare che sta invadendo da alcuni anni molti laghi prealpini fra cui anche sorprendentemente il lago di Garda e il Lago Maggiore, sorprendentemente in quanto sono laghi oligotrofi.
Non voglio dilungarmi in aspetti scientifici complessi, ma quotidianamente l’ARPA esegue monitoraggi sull’avanzamento della fioritura di questa alga, considerata potenzialmente tossica per il fegato e per i muscoli respiratori.
Noi ne attraversiamo a nuoto in queste tappe ampie distese caratterizzate da un forte odore e contemporaneamente i bagnanti in tutti i paesi rivieraschi si tuffano tranquillamente in questa massa dall’aspetto sgradevole; speriamo che non si rivelino pericoli a lungo termine.
Ogni tanto la visibilità diventa difficile e talvolta non per la presenza dell’anabena, ma sorprendentemente per l’enorme numero di avannotti che nuotano davanti alla nostra maschera subacquea fissandoci con le migliaia di punte di spillo degli occhietti e mi chiedo ancora perché qualche tratto di costa è privo di vita e qualche altro brulica di pesci: forse se avessimo delle risposte potremmo creare delle zone di riproduzione agevolata e reincrementare la popolazione ittica.

Attraverso il Golfo di Solcio tagliando attraverso le boe delle barche ancorate e affronto il tratto abbastanza naturalmente conservato davanti alla povera Villa Cavallini, sede di un Istituto Agrario, che versa in condizioni sempre più disastrose.
Molti alberi si immergono nell’acqua, vedo un bel persico trota e nella baietta successiva nuoto per diverse centinaia di metri in una nuvola fittissima di alborelline, curate a vista da giganteschi cavedani che evidentemente seguono lo sciame di cui si nutrono.
Poi ancora alcune belle ville sul lago e ci avviciniamo a Meina attraversando una lunga baia con barche a vela e motoscafi ancorati.
Supero il Lido cercando di orientarmi con i nostri ricordi dalla strada statale ma fatico a ritrovare i punti di riferimento noti e mi trovo rapidamente davanti alla foce di un torrente che entra in lago completamente canalizzato fra i muri di due giardini di antiche ville oggi in ristrutturazione (villa Castiglioni?) e qui trovo una spiaggia subacquea di sabbia bianchissima tutta sagomata ad onde come al mare e sul fondo, a 1 metro scarso di profondità, l’acqua gelida del torrente che scorre sotto gli strati superficiali dell’acqua del lago.
Siamo quasi arrivati ma proprio pochi metri prima della triste massa di cemento dell’Albergo Milano abbiamo la brutta sorpresa di vedere un grosso manufatto che scarica 2 m sotto la superficie un flusso d’acqua di fogna grigia, carica di detersivi e con il solito sciame di cavedani che brulicano sempre in presenza di materiale organico versato in acqua!
Poi dopo l’imbarcadero ancora un paio di cantieri di edifici in ristrutturazione e ancora la sorpresa di vedere con dispiacere che in lago è stato rovesciato di tutto, dai profili di ferro ai pezzi d’alluminio ai blocchi di cemento, e questo anche in tempi recentissimi, come si vede dal fatto che il metallo brilla e non è ricoperto di muschio e alghe.
Mi riprometto di riferire queste scoperte al Comune di Meina perché vengano presi i giusti provvedimenti e arrivo infine alla gradinata di granito che costituisce una sorta di spiaggia del paese, ove noto con dispiacere che l’acqua è sporchissima con le solite alghe cianobatteri e con molto materiale che galleggia.
Vedremo nei prossimi giorni se la parte bassa del lago raccoglie a causa dei venti del nord prevalenti tutto quanto galleggia sull’acqua e che condizioni troveremo nuotando fino al Ticino.
Anche oggi la nostra passeggiata acquatica è finita e non nascondiamo d’essere tutti orgogliosi della resistenza nostra e soprattutto della nostra amica Erica che da Lesa imperterrita è arrivata a Meina nuotando a rana!

La Tappa 5 - 7 Luglio 2007: MEINA-ARONA-ANGERA-LISANZA km. 6,20

La tappa di sabato 7 luglio è una tappa un po’ particolare, con l’arrivo intermedio ad Arona e la traversata con il battello pubblico che ci obbliga ad una puntualità cui non siamo abituati.
L’appuntamento per la partenza è alla spiaggia di Meina dove ci ritroviamo tutti contenti anche perché visibilmente le ultime due tappe ci riserveranno di nuovo sole e niente vento.
Ci prepariamo e partiamo; siamo in 9 e ormai la scelta di alcuni di nuotare senza muta comincia ad essere più ragionevole visto che il tempo e la temperatura sono sempre più estivi, anzi nelle ore che passiamo al sole prima e dopo la nuotata ci stiamo scottando senza neanche accorgerci; in particolare chi nuota senza cappuccio ha tutta la fronte bruciata dal sole.

In questa tappa l’assistenza è costituita da un gommone della Croce Rossa Italiana, dall’aspetto molto professionale, che ci prende in carico da Meina fino ad Arona, e da tre natanti che sono poi quelli con i quali siamo arrivati dall’alto Lago fino al luogo di partenza.
Durante la settimana passata mi sono preoccupato di scrivere al sindaco di Meina segnalandogli lo scarico fognario in funzione in centro al paese e chiedendogli di ragguagliarmi sui provvedimenti che prenderà per risolvere il problema, probabilmente dovuto a scarichi abusivi inseritisi in qualche manufatto destinato alla sola acqua piovana; vediamo se mi risponde o se mi considererà un petulante rompiscatole!
Da Meina il tratto di costa fino ad Arona è abbastanza poco significativo, con fondale di ciottoli che scende lentamente verso il largo; alcuni tratti di canneto a riva e una buona quantità di piante acquatiche a formare corona danno l’idea di una situazione decorosa dal punto di vista della qualità dell’acqua e del fondo.
Incontro pochi pesci, qualche volta qualche nuvola d’avannotti ci intralcia la vista e diversi cavedani ci tagliano la strada pinneggiando nervosamente pensando chissà che cosa di noi, perché sono sempre stato convinto sin da piccolo che il cavedano è il pesce più intelligente del lago, con un’attenzione incredibile a tutto quello che gli succede intorno, al punto che con la canna in tutta la mia vita sono riuscito a prenderne pochissimi: solo quando cinquant’anni fa alle 3 del pomeriggio si svuotava il secchio dei rifiuti di cucina in lago!
A raccontarlo oggi sembra preistoria ma un tempo nei rifiuti domestici non c’era la plastica, praticamente non c’erano imballaggi e tutti i rifiuti erano perfettamente biodegradabili, a meno che non li divorassero immediatamente i giganteschi cavedani che tutti i giorni si davano appuntamento a quell’ora per quella festa straordinaria.
Astutamente, ma stando perfettamente invisibile dai cavedani, buttavo in mezzo ai rifiuti anche qualche pezzo di formaggio con l’amo e così qualche volta mi è riuscito di agganciarne uno.
Nelle lunghissime ore in cui ho nuotato in questo lungo viaggio, da Locarno fino a Sesto Calende alla fine del lago sono riaffiorati tantissimi altri ricordi della mia vita da bambino in riva all’acqua, di quando non c’era ancora quella grande diffidenza che dopo gli anni bui dell’inquinamento massiccio degli anni 60 ha allontanato la gente dal lago al punto che conosco tanti che in tutta la loro vita non hanno mai fatto un bagno in lago!
Ma è un discorso lungo ed è anche uno dei motivi per cui abbiamo cominciato la nostra passeggiata.
Tornando alla nostra tappa, ci avviciniamo abbastanza velocemente ad Arona, vicino alla Rocca il lago sprofonda più velocemente e vedo sott’acqua quelli che penso essere i resti delle palafitte che sorreggevano i muraglioni del vecchio importantissimo sistema portuale raffigurato in molte stampe antiche.

All’arrivo i miei amici mi riferiscono d’aver incontrato però un forte odore di fognatura, che certamente è indice di condizioni di funzionamento non perfette; io non lo percepisco perché avendo una maschera completa e non gli occhialini ho il naso coperto.
Sbarchiamo poco prima dell’imbarcadero, dove ci attende un gentile rinfresco predisposto dall’efficientissimo Moro presidente della Pro Loco e ci rechiamo tutti insieme a vedere due esemplari della nuova Fiat 500, che effettivamente è molto bella e certamente avrà il successo che i mass media le stanno decretando.

Tutti bagnati non ce la sentiamo di sederci al posto di guida e veniamo intervistati in diretta da un cronista di RADIO DEEJAY con il quale scambiamo rapidamente qualche battuta spiritosa beneaugurante per la nuova macchinetta, perché il tempo stringe e tutti noi nuotatori fra la sorpresa degli altri viaggiatori saltiamo in muta e costume da bagno sul battello pubblico che ci porta ad Angera.
Lì arrivati, ci rituffiamo tutti insieme da una bellissima costa erbosa costeggiando il primo tratto di Lombardia, interamente orlato da canneti e salici.
Il fondale è perfettamente uniforme con sabbia finissima nella quale tracciano i loro solchi grandi molluschi bivalvi simili a cozze, con i quali pochi anni fa qualcuno ancora cucinava zuppettine e brodetti!
Ogni tanto sott’acqua incontro grandi mucchi tondeggianti di sassoni rotondi con pareti verticali, perfettamente omogenei per composizione, al punto da far pensare a costruzioni artificiali, ma non riesco proprio a spiegarmi a cosa potrebbero essere servite queste opere ad un metro di profondità, inaccessibili da riva.
Comunque fanno una sensazione strana perché in chilometri di costa sabbiosa non mi ricordo d’aver visto un solo sassone isolato e qui sono invece tutti raggruppati in questa specie di nuraghi subacquei bassi, come se qualcuno li avesse sistematicamente raccolti come si faceva tradizionalmente nelle campagne aride e sassose.
Incontriamo ogni tanto grandi banchi d’avannotti rigorosamente divisi per livelli di profondità, con quelli piccolissimi a galla e man a mano scendendo le taglie più grossine; mi immagino che intorno a tutto questo ben di dio di cibo pulluli anche di grossi predatori e sospinto dalla fantasia ho qualche volta la sensazione di vedere a fondo muoversi qualche sagoma grossa, però resto deluso nelle mie aspettative d’incontrare giganteschi lucci appostati sulla sabbia o enormi luccioperca celati in mezzo alle canne.
Non vedo nessuna biscia d’acqua ma è magnifico lo stesso perché l’acqua è pulita, il sole è bellissimo, il lago è piatto e la costa è tutta verdeggiante.
Scegliamo un punto a caso per arrivare a terra e tutti contenti scopriamo d’aver nuotato ben oltre il punto che c’eravamo prefissati di raggiungere: meglio così, domani è l’ultima tappa e possiamo prendercela con comodo partendo tardi e nuotando piano, se riusciamo a trattenere il nostro entusiasmo e la nostra competitività.

La Tappa 6 - 8 Luglio 2007: LISANZA-SESTO CALENDE km. 6,20

Domenica 8 luglio 2007 ci siamo dati appuntamento sulla spiaggia di Lisanza; quando arriviamo dopo la lunga canottata da Pallanza sul prato verde che arriva fino al lago ci aspettano un sacco d’amici nuotatori arrivati via terra e scopriamo con soddisfazione che oggi siamo in tantissimi, in 15!
Qualcuno è venuto per la prima volta ed è dispiaciuto che con oggi la nostra LONGALAGO finisca, almeno per il 2007 e infatti in varie occasioni durante la giornata si è chiacchierato di che cosa si potrebbe fare dopo, sicuramente non prima del 2008, perché alcune mogli e mariti che non nuotano ma sono condannati al ruolo d’accompagnatore manifestano con vistosi segni d’essere un po’ stufi di star dietro a questi matti!

Ci cambiamo in spiaggia in mezzo agli stupiti bagnanti in un coloratissimo e vivacissimo disordine e ci tuffiamo felici e rilassati sapendo d’avere davanti pochi chilometri da nuotare, su un tratto certamente molto interessante.
Oggi non abbiamo barche ufficiali di scorta e quindi abbiamo chiesto alla Canottieri di Sesto Calende di mandarci incontro qualche ragazzo in canoa per farci da scorta.
Per fortuna questi arrivano puntuali ad assisterci perché siamo veramente in tanti e non riusciamo mai a nuotare vicini e, come scopriremo durante la tappa, il traffico di motoscafi è intensissimo perché lungo il primo tratto del Ticino c’è una concentrazione di cantieri nautici enorme su ambedue i lati e non sono abituati a vedere qualcuno nuotare nel fiume, per cui oggettivamente la situazione è abbastanza preoccupante per noi che siamo in acqua.
Cominciamo a nuotare e per un lungo tratto la costa e il fondale sono identici all’ultimo tratto percorso ieri, con assoluta prevalenza di sabbia abitata da infiniti molluschi e, a tratti, sciami d’alborelle.
Piano piano il lago comincia a diventare fiume, anche se è ancora largo e non si sente nessuna corrente; però il fondale comincia a cambiare, la sabbia lascia il posto ad un fondo duro di ciottoli, che in qualche punto è anche segnato da tracce d’erosione.
Passiamo davanti alle vecchie installazioni della SIAI MARCHETTI, dove venivano collaudati i gloriosi idrovolanti che tanto lustro hanno dato all’Italia fra le due guerre, ma dall’acqua è difficile indovinare quello che c’è al di là della sponda.

Molti vecchi pali piantati sul fondo ricordano la lunga storia di questo territorio che ha ospitato da sempre il passaggio di chi doveva attraversare il fiume sin dalla preistoria; il vicesindaco di Sesto mi citerà che sotto il ponte della ferrovia c’è un banco ancora chiamato "l’isola" che probabilmente ha originato in quel punto la posizione dei ponti che si sono succeduti nella storia, e mi ricorda anche che dopo Sesto Calende c’è ancora un residuo di un’antichissima passerella d’attraversamento.
Già il nome romano di Sesto Calende è indice dell’importanza strategica del passaggio fra le due regioni, che si tramanda abbia visto lo scontro fra Annibale e Scipione.
I nostri intenti sono meno bellicosi e dobbiamo solo riuscire a trattenere l’aggressività della fame che monta dopo migliaia di bracciate e contenerla fino all’arrivo previsto alla sede della Canottieri.
Come al solito disturbiamo con il nostro disordinato passaggio un sacco di pescatori che certamente si chiederanno da dove mai stiamo arrivando e dove pensiamo di andare e sorridono sornioni quando rischiamo di andare a sbattere contro i pali dei pontili dai quali insidiano le loro prede.
Intanto il fondale continua a cambiare sempre di più e comincia a coprirsi di piante acquatiche bellissime e vigorose; volo a nuoto sopra a grandi prati di vallisneria, una pianta simile ad una larga erba, passo con la mia ombra sopra a bellissimi boschetti di miriophillum, brulicanti di pesci, fra i quali il più bello è una tinca magnifica di almeno tre chili, vicinissima all’arrivo.
Per me che ho fatto 75 km a nuoto per vedere le piante acquatiche è una felicità nuotare sopra a una giungla di piante soffici, pulite, ricche di diramazioni e foglie, piene di pesciolini, e infatti rallento in vista dell’arrivo per aspettare chi andava più piano di me e con questa scusa stare a gustare la visione di quel fondale che per me è bello come un giardino botanico.

È divertente quando all’arrivo racconto delle centinaia di pesci che ho visto mentre invece gli altri compagni di nuotata, che non hanno la mia stessa passione per i pesci, mi confermano tutti contenti d’averne visti due o tre, anzi domenica una delle nostre sportive dichiara emozionatissima di averne avvistati due completamente gialli e anch’io sono in difficoltà a potere individuare con precisione che tipo di razza ha incontrato perché di pesci gialli nel lago non ne ho mai incontrati, anche se molto facilmente primo o poi troveremo di tutto e già recentemente sono stati avvistati i primi piranha.
È un argomento che può fare sorridere, ma potrebbe avere risvolti anche non simpatici, perché se qualche razza esotica di rettili ad esempio si insediasse nel territorio potremmo avere anche delle sorprese psicologicamente molto antipatiche: provate ad immaginare di trovarvi di fronte nel giardino di casa un pitone, peraltro del tutto inoffensivo fino ad una certa dimensione, come probabilmente è capitato a me a Pallanza in darsena quest’estate, o un serpente identico al velenosissimo serpente corallo, come è capitato in settembre 2007 a Premeno.
Comunque sabato ho incontrato anche un pesce gatto, di modeste dimensioni, visibilmente attaccato da parassiti, il che forse significa che l’acclimatamento di razze esotiche non è poi facilissimo, anche se nel nostro lago il boccalone, il persico sole, il luccioperca, molte varietà di trote, il gardon, ecc. sono stati importati in tempi relativamente recenti e taluni con un buon successo, ma è difficile ancora oggi valutare i risvolti negativi che la loro propagazione magari ha portato alle razze originali.
Arrivando vicino al grande ponte di ferro la corrente aumenta, ci sembra di nuotare velocissimo e arriviamo felici al pontile della Canottieri, dove ci aspettano gentilmente alcuni rappresentanti dell’amministrazione comunale, non stufi d’avere già visto arrivare alcuni di noi in maggio in barca a remi nella nostra avventura della VIACOLMARMO!.

Il ristoro è assolutamente all’altezza della nostra fame sportiva con maccheroni, carne squisita, pizzette, mozzarella, schiacciatine, ecc. e viene divorato in un attimo, poi una fotografia di rito per il giornale di maggiore tiratura locale e un’intervista molto informale con una gentile cronista venuta per farci raccontare le impressioni della nostra avventura.
E così citiamo alcuni dati consuntivi: 2 di noi hanno nuotato per tutto il percorso di 75 km da Locarno a Sesto Calende; il percorso è stato frazionato in 14 tappe, mediamente di chilometri 5,35; nelle ultime tappe la velocità dei nuotatori più preparati superava probabilmente i 4 km/h,
mentre una velocità di 3 km/h può essere programmata per nuotatori meno competitivi ma allenati; ritengo che la lunghezza limite per una tappa singola possa essere di chilometri 10; sembrano numeri banali e facili da ipotizzare però quando l’anno scorso abbiamo programmato le prime tappe di quest’avventura di nuoto, nessuno ci sapeva dare velocità, tempi, durate e avevamo costruito i nostri programmi su basi puramente teoriche, che poi per fortuna si sono rivelate ragionevolmente centrate.
Pochi mesi dopo ho saputo che un ragazzo albanese ha nuotato in una sola tirata da Pallanza a Sesto Calende per 30 km! A parte la facile ironia che gli albanesi si allenano nuotando da casa alle coste italiane, lo sto cercando per fargli i complimenti ed arruolarlo per le nostre prossime nuotate.
In questa avventura abbiamo incontrato tanti nuovi amici, abbiamo scoperto quasi una nuova disciplina sportiva, perché i grandi nuotatori in genere amano di più la piscina che non l’acqua aperta, abbiamo vissuto delle giornate di lago magnifiche, io ho nuotato in mezzo ai miei pesci e ho trovato anche le mie alghe, anche se ben lontano dalla mia Pallanza.
Abbiamo cominciato a nuotare anche d’inverno, a gennaio e febbraio, scoprendo con stupore che l’acqua è tersa e cristallina e basta una bella muta per soprevvivere senza problemi.
Una bellissima esperienza è ormai dietro di noi, vissuta anche con simpatia dalle amministrazioni locali e dalla stampa che in molte occasioni ha relazionato sui nostri programmi e su quanto stavamo facendo.
Rimane un po’ il dispiacere di non essere riusciti a coinvolgere localmente tappa per tappa i ragazzi dei vari paesi, che all’inizio invece pensavamo si sarebbero aggregati a noi almeno lungo i tratti più vicini a casa loro.
Invece ciò non è successo, forse quello che abbiamo proposto è sembrato eccessivo come impegno fisico o pericoloso o addirittura malsano perché come spesso abbiamo avuto modo di scoprire il nostro lago fa fatica ad essere vissuto come un grande amico e una grande occasione di sport e di piacere.
Molti amministratori e molti anziani dei paesi ci hanno detto con un po’ di malinconia che un tempo c’erano gare di nuoto, squadre di pallanuoto, cimenti e traversate che i loro padri tramandavano e ricordavano con grande orgoglio.
Troubetzkoy e io speriamo che questo nostro sogno che molti amici ci hanno aiutato a portare a termine e che vogliamo continuare anche nei prossimi anni, aiuti tutti a vivere il nostro lago con maggiore piacere.

LONGALAGO 2006: IL PROGETTO

Non era un progetto.
Era un atto d’amore verso il nostro lago.
Poi è cresciuto ed è diventata un’idea, poi un logo, e poi l’origine di molta preoccupazione dei nostri amici e delle nostre mogli.
Ma abbiamo tenuto duro, abbiamo costruito intorno all’idea dei numeri, delle ipotesi, delle relazioni e alla fine è nata la LONGALAGO.
Nelle pagine seguenti vi raccontiamo la storia di giorni pieni di soddisfazione, l’incontro di nuovi amici e il lungo abbraccio con il nostro lago.
Quando eravamo piccoli i porticcioli e le darsene si riempivano di alghe e in mezzo alle alghe brulicavano i pesci. Adesso non ci sono più alghe e speriamo che i pesci ci siano, ma dove?
E così siamo andati a cercare le alghe verso Nord, perché ne avevo viste a Oggebbio sotto la villa D’Azeglio, e qualcuno ci aveva detto che ci sono dopo Locarno, forse anche sulla costa lombarda.....
Ed è venuta l’idea di andarci a nuoto con la maschera, anche perché all’Idrobiologico di Pallanza, i ricercatori Galante, Bertoni e Callieri ci avevano confermato che era un’idea interessante, e così Roberto Troubetzkoy e io ci siamo confermati in questo bizzarro progetto malgrado i dubbi delle mogli e degli amici seri!
Tutto successe in una gelida sera dell’inizio del 2004 quando a casa Troubetzkoy a Ghiffa mi venne in mente di chiedergli una carta geografica del Lago e gli proposi a bruciapelo:
"Allora andiamo a nuoto a esplorare le alghe da qui a qui, da Sesto Calende alla Svizzera?".
Lui ci pensò solo un attimo e mi rispose:
"Facciamo metà, da Pallanza alla Svizzera".
La trattativa finì qui e il progetto fu deciso nel silenzio attonito delle nostre mogli che credevano di non aver capito bene e invece sì, avevamo deciso!
In pochi giorni abbiamo poi steso un programma teorico che prevedeva appunto l’indagine sullo stato della vegetazione subacquea e da lì è partita un’avventura che nel 2006 ci ha fatto percorrere a nuoto un quarto del Lago Maggiore, nel 2007 un altro quarto e che probabilmente ci vedrà completare nei successivi due anni tutto il giro completo.
A rileggere oggi i capitoli che seguono spiace di non avere avuto con noi attrezzature fotografiche e non potere documentare con nostre foto i paesaggi subacquei, i pesci e le alghe che incontravamo, ma non ce la siamo sentita di gravarci di ulteriori pesi, preoccupati come già eravamo delle distanze da affrontare.
Così ho attinto all’archivio di immagini scattate da Francesca Morisetti, una sportivissima signora che abita a Oggebbio in riva al lago, subacquea sfegatata, che ha partecipato con noi a diverse tappe della LONGALAGO e della VIACOLMARMO! Per arricchire i resoconti di tappa che talvolta sono un po’ scarni, specie i primi, perchè li stendevamo di notte, reduci assiderati da una nuotata in cui la preoccupazione aveva grandemente predominato sulla curiosità del turista subacqueo.
Certo è un peccato che molte sensazioni rimangano solo nella memoria nostra e degli amici che ci hanno accompagnato, ma più di quello che abbiamo fatto non saremmo riusciti a fare.

La Tappa 1 - 11 giugno 2006: PALLANZA-INTRA km.3,85

In acqua!
Il giorno dopo un giornale raccontava così la prima tappa:
"Per l’esordio della nuotata non competitiva LONGALAGO si sono iscritti 14 partecipanti, tra cui un nuotatore proveniente addirittura da Londra. La tappa è partita alle 10 dal lungolago di Pallanza, di fronte al municipio, ed è terminata 3,85 km dopo alla Canottieri di Intra. I nuotatori hanno affrontato il percorso in un’ora e hanno concluso la mattinata con la visita alla Casa del Lago, aperta eccezionalmente per l’occasione. Soddisfatti i promotori Francesco Rusconi-Clerici e Roberto Troubetzkoy Hahn."

E io stesso inviavo agli amici via mail il racconto molto tranquillizzante che segue:
"Cari amici, la prima tappa si è svolta domenica 11/6 ed andata benissimo!
un brevissimo sunto:
14 partecipanti ( 2 gentili signore)
un centinaio di spettatori alla partenza con giornalisti, fotografi e televisione;
diversa gente ai parapetti durante il tragitto;
acqua fredda dopo la Punta dell’Eden, probabilmente a 16°
nuotato velocissimo, anche per il freddo!, max 2 ore per il tragitto di km 3,8
arrivati bene tutti, molto sgranati
8 barche varie, con polizia, carabinieri, squadra di salvamento, sub, pescatori e privati; organizzazione sorprendentemente efficace!
uscite in televisione, passaggi in radio, articoli su giornali e settimanali
meglio di così non poteva andare!
adesso speriamo solo di avere un buon numero di partecipanti alle prossime tappe
grazie a tutti e venite a fare una tappa
sabato sarà coperto ma non pioverà e se vi stufate potete sempre saltare in barca
la temperatura è salita a 21° con il caldo di questi giorni. "
In realtà se qualcuno avesse parlato con i partecipanti la sera prima, la notte e la mattina il quadro sarebbe stato meno rilassante e io stesso avrei raccontato così la mia esperienza diretta:
"La sera prima mi è sembrato di essere il torero alla vigilia.
Acqua gelida.
Previsioni pessime.
Mal di pancia dalla tensione.
Lucidavo le pinne con movimento meccanico.
Dormito niente.
Sveglia prestissimo.
Per fortuna non piove.
Alle 8 in piazza a Pallanza.
Vuota.
Contemporaneamente arriva Troubetzkoy.
Nessun problema di parcheggio: siamo soli!
Incontriamo una sola persona, ma per fortuna quella giusta: è Proverbio, del Comune, con il gazebo.
Montare il gazebo ci distrae dal pensare.
Da quel momento comincia ad arrivare gente, arrivano gli amici, la televisione, i cigni, i motoscafi della scorta, ci mettiamo ridicolmente in muta, siamo in 14 ma ancora non sembra proprio vero che partiamo.
E invece sì.
Foto finale in acqua, mi volto e non c’ è più nessuno, sono già tutti lontani che nuotano come dei matti."

Tutto il resto oggi sembra già passato da molto tempo, ma soprattutto è andata proprio bene e avevamo miracolosamente previsto tutto giusto, l’assistenza, i pericoli dei battelli a Intra, i tempi, ecc.
Quello che ha superato le nostre aspettative è stato l’affetto e l’entusiasmo dei 14 sportivi che hanno affrontato 2 ore di nuoto a 16° C, la loro incredula felicità all’arrivo, l’applauso ammirato degli amici, dei sostenitori e degli spettatori alla Canottieri, dove ci aspettavano spogliatoi e un lauto rifocillamento.
Alla sera ho dormito come un sasso e serenamente (anche perché la tappa successiva era prevista per ben 6 giorni dopo!)

La Tappa 2 - 17 giugno 2006: INTRA – GHIFFA km.4,1

Tempo bello, acqua più calda, alla partenza solo 3 nuotatori, ma lo svolgimento è ugualmente interessante. L’acqua è limpida e vengono notati molti pesci, persici, cavedani e anche un bel luccioperca appoggiato su un grande sasso sul fondo sabbioso, che si lascia avvicinare per nulla infastidito.

Passiamo con orgoglio sotto lo spettacolare eucalipto piantato da Paolo Troubetzkoy, progenitore di Roberto, e ancora vivo e vegeto dopo circa 130 anni.
Nessuna presenza di piante acquatiche, almeno alla nostra vista, e cioè fino alla profondità di circa 6 metri.
Tempo impiegato: meno di 2 ore per coprire la distanza di oltre 4 km, e ciò malgrado frequenti fermi per osservazioni.
Sempre ottima assistenza della Squadra Nautica Salvamento, Gruppo Sub Verbania, Vigili del Fuoco e Pescatori Pallanzesi.
All’arrivo squisita ospitalità dell’Hotel Ghiffa.

La Tappa 3 - 18 giugno 2006: GHIFFA - OGGEBBIO km.4,55

Tempo incerto ma temperatura mite, partenza dalla bella spiaggia "Cavallo" di Ghiffa con 6 partecipanti assistiti da Azzurra Sub e Sub Verbania.
Ottima nuotata lungo la costa a tratti incontaminata e ai più sconosciuta.
Finalmente osservati i primi numerosi ciuffi di piante acquatiche del genere miriophillum verso Oggebbio nei declivi sabbiosi.
Notate due biscie d’acqua dolce, buon segno di ecoequilibrio.
Tempo impiegato tra 1 ¼ ora e 1 ½ ora per i 4.5 km.
Straordinaria accoglienza all’arrivo con alborelle in carpione cucinate e offerte dalla Pro Loco e dai Pescatori Pallanzesi: una vera leccornia da far invidia al miglior pesce di mare.
Nessuna foto documenta la tappa perché nessuno si era ricordato di portare la macchina fotografica!

La Tappa 4 - 24 giugno 2006: OGGEBBIO - CANNERO km.5,15

La IV tappa ha visto la partecipazione di 6 sportivi e si è svolta con assoluta regolarità grazie anche al tempo buono, al sole e alla mancanza di onde e corrente che hanno continuato ad assistere lo svolgimento della passeggiata.
La Polizia di Stato ci scorta con un simpatico equipaggio, espertissimo di lago dopo anni di servizio a Verbania.


I sub di Azzurra Sub di Ghiffa e dei Sub del Lago di Verbania completano la scorta.
Da Oggebbio in poi si conferma l’attesa presenza di nutriti gruppi di piante acquatiche, del tipo miriophillum spicatum, certo però non nella densità della storica "corona" di piante che accompagnava un tempo tutta la costa a poca profondità.
Continuano gli incontri con grossi cavedani, branchi di piotte, biscie d’acqua e persici.
E’ strano come per lunghi tratti non si veda un solo pesce e poi si concentrino insieme in zone ristrette: non sarà forse che la presenza di insediamenti umani con l’inevitabile presenza di scarichi, per quanto controllati e modesti, li attragga?
Nuotando poi si possono contare numerosissime catene di boe e corpi morti, probabilmente in gran parte dismessi e resti di pontili e scivoli di alaggio divelti dalle onde e corrosi dalla ruggine.
Complessivamente il fondo è abbastanza pulito: solo dove la strada si avvicina al lago e la costa sprofonda si vedono discariche di materiali da costruzione ed altro.
Incontriamo anche addensamenti in superficie di alghe cianobatteri, anabena, che ci sono state segnalate dall’ARPA di Verbania, con la raccomandazione di tentare di evitarle al massimo; il colore dell’acqua si fa verde-giallo e un forte odore di humus in decomposizione si avverte anche attraverso il boccaglio nell’aria che si respira in quei punti.
Nessuno di noi di però lamenterà anche successivamente irritazioni o reazioni allergiche.
Con l’acqua calda compaiono i primi bagnanti sulle spiaggie, incuriositi dall’inaspettato passaggio dei nostri allegri palloncini gialli.
Arrivando a Cannero all’inizio della baia siamo investiti da un tratto di acqua gelida, dovuta forse ad una sorgente subacquea, una maestosa pianta di camphora ci sorprende con i suoi rami protesi fino nell’acqua che si impigliano nel boccaglio e poi all’interno della baia veniamo accolti da infinite alborelline luccicanti.
Sbarchiamo infine al Lido, dove riceviamo il saluto del sindaco Sig.ra Bottacchi e veniamo accolti dal presidente della Pro Loco con una maestosa grigliata in riva al lago che ci fa recuperare tutte le calorie smaltite, parlando di mare e pesci e acqua e birra!
Un’altra tappa è dietro le spalle, ma l’avventura ci sorprende sempre di più e la passeggiata di tappa in tappa continua a portarci sempre più lontano.

La Tappa 5 - 25 Giugno 2006: La tappa eroica! CANNERO-CANNOBIO km.6,25

La V tappa vede partecipare 14 sportivi, sempre più divertiti da questa strana avventura.
E’ un numero importante per una tappa che si presenta piena di incertezze perché è la più lunga affrontata fino ad adesso e soprattutto è piena di incognite tecniche.
Lo stretto che si affronterà è temuto perchè può presentare correnti forti, vento e onde.
Per fortuna quando partiamo dall’imbarcadero di Cannero a occhio le condizioni sembrerebbero buone e così fra la curiosità di turisti e locali la carovana si prepara in un variopinto disordine in mezzo ai tavolini dei bar e si tuffa nell’incredulità di chi fino all’ultimo pensava ad uno scherzo!

Le barche di scorta, fra le quali quelle del Gruppo Sub Cannobio e di Azzurra Sub di Ghiffa, hanno il loro da fare per tenere d’occhio con l’ausilio di cannocchiali i partecipanti che si sgranano subito alla scelta delle rotte ritenute più brevi o con meno corrente e gli equipaggi con l’ausilio delle radio si passano la competenza dei singoli nuotatori le cui posizioni continuano a cambiare.
Diversi nuotatori hanno bisogno di assistenza nei punti dove la corrente è più forte e l’acqua è più fredda, ma alla fine arrivano tutti a Cannobio.
Complessivamente fatica durissima, distanza decisamente significativa, grande soddisfazione sportiva per tutti i partecipanti, fra i quali Marco Volpato, industriale di grande successo, che arriva addirittura con vistose escoriazioni ai piedi provocate dal furioso pinneggiamento contro la corrente che lo obbligheranno a calzare le ciabatte in ufficio per tutto la settimana seguente!
Alla fine invito per tutti con delizioso menu a casa di François e Nicoletta de Brabant, in una bellissima villa déco all’inizio del lungolago di Cannobio.

Alcune notazioni tecniche.
Dopo Cannero, all’altezza dei castelli, sono state individuate le prime colonie di vallisneria, una pianta acquatica dal portamento simile ad una grande erba, e finalmente dopo Punta Amore è stata individuata la prima pianta di elodea densa, la varietà che fino a 20 anni fa invadeva tutti i porticcioli del lago, della cui scomparsa ancora oggi tutti si stupiscono; adesso all’Istituto ISE l’ardua risposta!
Molti pesci, anche coregoni, oltre ai soliti persici, cavedani, piotte, e molte nuvole di avannotti, di difficile riconoscimento. Diverse biscie d’acqua in caccia fra i sassi del fondo.
E però dopo Punta Amore anche punti di discarica dalla Strada Statale di bidoni di vernice, detriti di cantieri, sedie di ferro, ecc. che potrebbero essere recuperati facilmente con un minimo di organizzazione in superficie da volontari subacquei, anche semplicemente in apnea.
Complessivamente una tappa bellissima, sportiva, perfettamente integrata nella filosofia di passeggiata della LONGALAGO e che tutti i partecipanti ricorderanno con piacere.
A sera torniamo a Pallanza con il gommone e ci accorgiamo che il tratto che abbiamo percorso a nuoto dal municipio di Pallanza comincia a essere veramente lungo, quasi un piccolo viaggio!
E oggi abbiamo parlato anche del futuro della LONGALAGO e stiamo cominciando a pensare di continuare anche gli anni prossimi, forse fino a completare il periplo del nostro grande lago che è sicuramente il più bello del mondo ma anche .... un pò lunghetto: più di km.150 di sponde!

La Tappa 6 - 1 luglio 2006: CANNOBIO-CONFINE DI STATO km.4,75

La VI tappa ha visto la partecipazione di 10 sportivi e si è svolta ancora con assoluta regolarità grazie al tempo buono, al sole e alla mancanza di onde e corrente che hanno continuato ad assistere lo svolgimento della nostra passeggiata a nuoto.
La Guardia di Finanza ci ha dato l’assistenza con un gommone di stanza a Cannobio; i sub di Cannobio con un gommone e la barca a vela di Marco Bruno, partecipante alla tappa, hanno completato la scorta.
Da Cannobio abbiamo continuato ad incontrare formazioni di piante acquatiche del tipo miriophillum spicatum, in misura significativa lungo tutta la costa formata dal cono di deiezione del Torrente Cannobino, sassosa nella parte costiera e poi sabbiosa oltre i m.5 di profondità.
Lungo questa prima tratta sono continuati gli incontri con grossi cavedani e numerosi persici; è stata avvistata anche una grossa tinca maschio (il sesso è facilmente distinguibile perchè le femmine in questa stagione di frega hanno la bocca orlata di arancione vivo come un rossetto!) e un luccio ragguardevole appoggiato sul fondo di sabbia e per nulla infastidito.
E’ interessante notare come i grossi pesci, non minacciati da pescatori subacquei, si lasciano avvicinare fino quasi a toccarli e solo allora si allontanano con un guizzo sdegnato; enormi cavedani ci vengono incontro come se fossero curiosi di noi e in acqua fonda ci sfilano di fianco a meno di 1 metro di distanza e talvolta ci spaventiamo quando ne percepiamo l’ombra scura con la coda dell’occhio (perchè ci sono cavedani chiari e cavedani scurissimi?).
Dopo le spiagge di Cannobio incontriamo molto meno pesci, solo qualche branco di agoni, ma non numerosi e ciò corrisponde alla situazione generale del lago dove quest’anno i branchi sterminati di agoni non si sono visti.
Incontriamo pochissimi addensamenti di alghe cianobatteri e però incontriamo correnti fredde e calde con una frequenza maggiore delle altre tappe forse perchè le coste sono più ripide e ci sono forse più sorgenti subacquee.

La costa dopo le spiagge di Cannobio sprofonda velocemente con formazioni rocciose anche contorte e di forme particolarmente interessanti.
La squadra di nuotatori si divide: c’è chi taglia attraverso il golfo con la strada diretta e chi orla tutte le baiette sul filo del bagnasciuga.
Alla fine ci ritroviamo tutti al confine all’imbarcadero della Guardia di Finanza per una foto di gruppo colorata e felice con i nuotatori e i militari della Finanza.
Là veniamo accolti anche dal gentilissimo Prof. Valerio Sala, botanico svizzero già direttore delle Isole di Brissago, che a sorpresa ci omaggia della copia di una relazione su una sua ricerca condotta sul reimpianto della pianta acquatica litorella uniflora alle Isole di Brissago, in perfetta sintonia con gli obiettivi della nostra spedizione.
Per adesso la prima parte della passeggiata a nuoto è finita!
Le tappe di Brissago, Ascona e Locarno infatti devono essere posticipate a settembre, in attesa di ottenere un supporto più deciso e convinto da parte dei nostri amici e sportivi svizzeri, che forse quando siamo partiti da Pallanza non erano sicuri che saremmo riusciti a portare a termine il nostro piccolo sogno.


Anche stavolta tornando a casa a Pallanza ci diciamo tutti orgogliosi che il tratto che abbiamo percorso a nuoto dal municipio di Pallanza è veramente lungo! Abbiamo nuotato per 30 chilometri teorici, ma in realtà ben di più.
Però se negli anni prossimi vogliamo completare il periplo del nostro grande lago di strada ne abbiamo ancora da nuotare e da raccontare.
Intanto abbiamo già preso i contatti con il sindaco di Cannero, Sig.ra Maria Pia Bottacchi, per riesplorare il pianoro costellato di grandi piante acquatiche individuato la settimana scorsa e verificare la possibilità di organizzare un piccolo giardino subacqueo da visitare con una barca con il fondo di vetro o con la maschera e il boccaglio: sarebbe magnifico!

La Tappa 7 - 23 settembre 2006: Finalmente siamo arrivati in Svizzera! BRISSAGO-ASCONA km.5,15

La VII tappa ha visto la partecipazione di 7 sportivi, cioè i soliti habitués incalliti appassionati della LONGALAGO, con una new entry significativa: Emanuele Mantovani, nuotatore ancora più veloce di Novella!
E’ prevista la scorta della Salvataggio Sub Ascona con un simpatico equipaggio, guidato da Pasqualino Trotta, che infatti aprirà la carovana con il lampeggiatore acceso, mentre le nostre barche venute da Verbania completeranno la scorta.
Il tempo è grigio, non c’è sole ma la mancanza di onde e corrente continua ad assistere lo svolgimento della passeggiata.
Alla partenza da Brissago i partecipanti vengono salutati gentilmente dal sindaco di Brissago, Sig. Kuchler, che augura a tutti una buona traversata.
L’eccezionale documentazione fotografica a fianco (ovviamente sto scherzando!) testimonia la grinta dei nostri partecipanti e amici.

Tutti sorridono posando con il sindaco, ma quando Troubetzkoy durante il briefing indica chiaramente fin dove si deve arrivare, gli sportivi dimostrano perplessità e poi chiaramente sconforto e preoccupazione, condivisi dal sindaco.

Solo l’autorevole intervento di Trotta della Salvataggio Ascona convince i partecipanti a entrare in acqua!

E così infine partiamo, accompagnati da papere e cavedani.
Da Brissago la costa è sempre molto scoscesa e sprofonda ripidamente verso il buio.
Anche in questa tappa si riconferma come per lunghi tratti non si veda un solo pesce e poi si concentrino insieme in zone ristrette; così poco dopo Brissago in vicinanza di un attracco costituito da pontili galleggianti, il porto Crodolo di Porto Ronco, incontriamo branchi fittissimi di alborelle circondate da grossi cavedani in caccia e per la prima volta assisto a uno spettacolo mai visto: i cavedani nuotano a bocca aperta ingoiando le alborelle, tanto queste sono numerose.
Ad un certo punto incrociamo il flusso di acqua gelata scaricata da un impianto idroelettrico; in effetti ci era stato comunicato ufficialmente, ma un conto è leggerlo in una mail, un conto è trovarcisi dentro!
"ci sarà da attraversare l’uscita delle acque di spurgo di turbinamento della centrale elettrica OFIMA a Porto Ronco, ho preso contatto con il responsabile della sicurezza, e mi ha comunicato che le turbine saranno in movimento sabato durante la nuotata e non è possibile fermarle per l’attraversamento dei partecipanti, dallo sfogo ci sarà una quantità d’acqua che uscirà (10 – 20 mc/s) che crea una corrente verso le isole di Brissago di acqua fredda."
La temperatura infatti è gelida, probabilmente intorno ai 7°, l’acqua diventa bianca e verde ma per fortuna con poche bracciate vigorose si supera il momento difficile e si ritorna nella normale calma del lago.
Numerosissime le catene di boe e corpi morti, ancora di più che lungo la costa italiana, e anche i pontili privati diventano molto più numerosi dato che moltissime villette e condomini costruiti a picco sul lago sulle rocce della costa sono dotati di attracco privato e boe; ben visibili incontriamo anche diversi scarichi sicuramente abusivi ma perfettamente funzionanti che versano il loro repellente flusso di carta igienica e materiale organico subito ghiottamente assaggiato dai pesci.
Ad un certo punto vedo anche una batteria di raffreddamento di un impianto di refrigerazione di almeno 5 mq di superficie in acciaio inox installata sott’acqua.
Però anche incontri belli; da una grotta sotto la punta di un giardino piantumato di cipressi scatta al mio arrivo un cavedano gigantesco che stimo lungo 1 metro, ben al di sopra delle dimensioni che ritenevo possibili: mi viene il dubbio che sia un amur, un pesce di grandi dimensioni di provenienza siberiana che si sta diffondendo in Europa, introdotto per la pesca sportiva.
Ogni tanto incontriamo persici ma la prevalenza è sempre di cavedani.
Poche piante acquatiche, data la ripida conformazione della costa, mentre in alcuni punti rischiamo di impigliarci nei rami di bellissimi alberi, fra i quali alcune metasequoie con le radici immerse nell’acqua.
Al largo sfilano le isole di Brissago, coperte di magnifiche essenze e sarebbe bello fare una digressione fino a lì ma la distanza è già grandissima, incrementata dalle numerosissime baiette che mi intestardisco a percorrere tutte sfiorando la riva per non perdere neanche un fotogramma del fondale.
Peccato che l’edilizia della costa sia di livello molto commerciale; non ci sono più i grandi giardini della costa italiana e le ville della sponda piemontese e non viene più neanche voglia di alzare la faccia dall’acqua perché mancano spunti interessanti.
Sbarchiamo infine esausti nella piazza di Ascona, dove veniamo accolti e rifocillati da una simpatica tavolata con panini e bibite, organizzata dall’Associazione Manifestazioni Ascona.
Il nostro sbarco con muta e pinne in mezzo alla gente sulla strada non suscita però nessuna curiosità come se tutti i giorni qualcuno sbarcasse da sott’acqua e si sedesse a un tavolino del bar.
Un’altra tappa lunga e faticosa è dietro le spalle, dura anche per la mancanza del sole che toglie il piacere di nuotare e rende tristi i colori.
Dopo una bella doccia calda alla sede della Salvataggio Sub saltiamo sulle nostre barche e torniamo a Pallanza e, come al solito, ci complimentiamo con noi stessi per l’incredibile lunghezza del tratto che abbiamo percorso a nuoto.

La Tappa 8 - 24 Settembre 2006: ASCONA-LOCARNO km.5,65

L’ultima tappa vede partecipare gli stessi sportivi della tappa precedente sempre più determinati a portare in fondo questa strana avventura: credo che oggi non avrebbe rinunciato nessuno anche se avesse piovuto a dirotto o se avessimo dovuto combattere contro vento e onde. Invece un pallido sole ci accompagna già nel lungo viaggio in canotto da Pallanza.
E poi mentre arriviamo alla piazza di Ascona le condizioni continuano visibilmente a migliorare e così, in mezzo a turisti e locali finalmente incuriositi, la carovana si prepara a immergersi per l’ultima tappa.

Ci accompagnerà la barca della Salvataggio Sub Locarno condotta dal presidente Gramigna, arrivato in mattinata da Locarno, che ci conferma le ottime condizioni del lago e la perfetta visibilità in acqua; un’équipe di giornalisti intervista Troubetzkoy, ormai famoso localmente per tutte le relazioni intrattenute con le autorità locali per organizzare la nostra trasferta ticinese.
Infine ci tuffiamo e già davanti alla piazza di Ascona incontriamo tantissimi pesci, persici, cavedani, un luccio, alborelle e un fondale sabbioso ricco di piante acquatiche: è un punto molto bello dal punto di vista subacqueo anche se incredibilmente siamo ancora in città.
Poi cominciamo a nuotare tutto intorno al grande delta creato dal torrente Maggia, costeggiando ampi tratti sabbiosi.
Moltissima sabbia bianca finissima abitata da molluschi simili a grandissime cozze ma pochissimi pesci vicino al fiume e questo mi sorprende perché avevo pensato l’opposto: ero convinto che proprio allo sbocco del torrente ci sarebbe stata la massima concentrazione di pesci.
E’ un tratto molto particolare nel quale, avvicinandosi alla foce del fiume, si alternano banchi di sabbia e ciottoli talmente superficiali da obbligarci a lunghe deviazioni per non arenarci anche a nuoto (!), e profonde buche scavate dall’erosione del fiume quando scarica le acque di piena.
Incontro in quell’area anche diverse piante acquatiche di una specie che non ho mai visto prima, simili a piccoli pinetti rossastri; però, e qui confesso la mia debolezza, in quel momento ero solo e non me la sono sentita di sganciare il palloncino per immergermi e recuperare qualche bell’esemplare in quanto temevo che il palloncino si sarebbe allontanato con la corrente e il vento e mi sarei trovato in difficoltà per recuperarlo.

Mi riprometto però di ritornare a colpo sicuro e ripescare alcuni esemplari di queste piante che mi hanno sorpreso.
Ad un certo punto costeggio per almeno 100 metri il lungo pontone galleggiante di ferro che chiude la pista dell’aeroporto e vedo pascolare dalla vegetazione che cresce sotto la parte immersa del pontone una enorme cagnetta, un pesce identico a una razza che vive in mezzo ai moli dei porti marini.
Tutti questi diversivi distraggono il pensiero e non fanno pensare alla fatica che cresce perchè la nuotata è lunga, anche se allietata alla fine dal sole che si riflette sul fondo ammorbidendo i colori e dilatando la visibilità, molto buona e che stimerei non inferiore ai 10/12 metri.
A mano a mano che giriamo intorno al delta il panorama cambia e cominciamo a vedere la fine del lago e poi Muralto e i sobborghi di Locarno; infine arriviamo alla sede della Canottieri ricevuti dall’Ing. Botta presidente del Club Nautico Verbano che ci offre l’ospitalità del circolo per una bella doccia calda.

Un’ultima curiosità: all’interno del piccolo porticciolo della Canottieri incontro molti persici, un bel luccio e un grosso persico sole maschio; è il primo che vedo da Pallanza e l’incontro mi sembra propizio perché quand’ero piccolo il lago era pieno di persici sole con i loro colori magnifici e con il loro comportamento molto particolare ed unico fra i persici delle nostre acque dolci, in quanto le coppie costruiscono la tana e curano amorevolmente i loro avannotti.
Siamo arrivati!
Ci complimentiamo l’un l’altro, ci abbracciamo, qualcuno porta i segni della stanchezza e i graffi della muta e delle pinne, a me la maschera lascia segni che rimangono per ore, ma tutti ci confermiamo che l’anno prossimo si va avanti.
Complessivamente fatica molto dura, forse non per tutti ma sicuramente per i più attempati (durante la LONGALAGO Troubetzkoy è diventato nonno e io ho compiuto 60 anni!), distanza decisamente significativa, grande soddisfazione sportiva per tutti i partecipanti e anche divertimento per gli accompagnatori.
Una tappa bella, sportiva ma rilassante, perfettamente integrata nella filosofia di passeggiata della LONGALAGO, che tutti i partecipanti ricorderanno con particolare piacere, anche perchè per adesso abbiamo finito!
A sera torniamo a Pallanza con il gommone e ci ripetiamo, ancora e per l’ennesima volta!, che il tratto che abbiamo percorso a nuoto dal municipio di Pallanza è quasi un viaggio!
Eppure ogni volta che parliamo del futuro della LONGALAGO si capisce già che vogliamo continuare anche gli anni prossimi, fino a completare il periplo del nostro grande lago, ripartendo da Pallanza verso sud.