LOGO DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE LONGALAGO

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La Tappa 1 - 22 Giugno 2008: ANGERA - ISPRA km. 6,90

La tappa di domenica 22 giugno è probabilmente la più lunga di quelle fino ad oggi affrontate.
Credo che sia giusto premettere che è molto difficile dare una misura ragionevolmente esatta delle distanze da percorrere; durante gli anni scorsi il sistema che usavamo era quello di trasferire una mappa geografica in autocad e disegnare sulla stessa mappa una linea spezzata (poyline), di cui il programma dà automaticamente il conteggio della lunghezza.
La procedura però è abbastanza macchinosa e quindi ero arrivato impreparato domenica mattina quando tutti mi chiedevano come al solito una distanza esatta ai due decimali e avevo improvvisato tirando a valutare ad occhio una lunghezza di circa 7 km; ieri per fortuna il nuovo arrivato Manuel Cardana, molto più giovane e quindi più evoluto tecnologicamente di me, mi ha suggerito di utilizzare il pacchetto gratuito di Nike Plus con il quale è possibile tracciare in modo rapidissimo percorsi, conteggiarne le lunghezze e memorizzarli per il futuro: è chiaro che la Nike pensava a percorsi terrestri, ma è evidente che si possono tranquillamente valorizzare percorsi sull'acqua e così ho immediatamente fatto, scoprendo che la tappa percorsa effettivamente è molto vicina ai 7 km, esattamente come la prossima da Ispra a Arolo.
Poi ognuno di noi nuotando percorre delle traiettorie non precise composte spesso da continui zig-zag che indubbiamente allungano il percorso reale di una buona percentuale; io per esempio faccio molta fatica a nuotare diritto nell'acqua alta senza riferimenti di fondo e preferisco potermi orientare continuamente su di esso, anche se mi rendo conto che anche così spesso mi sorprendo a nuotare con delle deviazioni anche superiori a 45° rispetto alla traiettoria ideale; più poi sono stanco e più tendo a nuotare in maniera disordinata perdendo la direzione continuamente.
Torniamo però al resoconto della prima tappa della Longalago 2008.
Da Pallanza una dozzina di persone si è mossa con due vetture e un canotto, in quanto un altro motoscafo previsto per l'organizzazione aveva avuto problemi di accensione rendendo in effetti un po' critica l'assistenza ai nuotatori durante la giornata.
Ad Angera ci aspettavano già alcuni amici, tutti preoccupati per il tempo che si annunciava pessimo in quanto sulle montagne alle spalle di Arona era in corso un bel temporale con pioggia e forti tuoni che, se si fosse spostato sopra il lago, ci avrebbe forse addirittura sconsigliato ad entrare in acqua perché nuotare con i lampi sopra la testa è sempre una situazione molto poco gradevole.
Per fortuna il temporale si è allontanato e ci siamo potuti preparare ad entrare nell'acqua sulla spiaggia comunale di Angera, parzialmente occupata da un cantiere in corso di completamento, ma graziosa con un fondo naturale e grandi salici piantati con i piedi dentro l'acqua.
La sorpresa più bella è stata di scoprire che stavamo per vestirci ed entrare in acqua addirittura in 14, uno dei numeri più grandi per una singola tappa e anche imprevisto tenendo conto del tempo spaventoso che fino a pochi giorni prima aveva flagellato il Lago Maggiore tenendo la temperatura dell'acqua pericolosamente bassa: lunedì pomeriggio ancora mi veniva infatti comunicata una temperatura a Ghiffa alla profondità di 1 m di 16.9°!


Domenica invece l'acqua probabilmente stava intorno ai 19°, con qualche punto con correnti fredde sul promontorio di Ranco, e quindi era accettabilissima; Luciano Riva é stato l'unico che ha nuotato per tutta la tappa senza muta, mentre il nuovo arrivato Tazarine Hamza, grande promessa originario del Marocco, ha nuotato con una muta a saloppette, venendo fuori dall'acqua però blu dal freddo e con vistose escoriazioni dovute allo sfregamento delle bretelle.
Oltre a Tazarine altre 3 new entry: Stephane Cosse, svizzero di nascita, Antonello Toniolo e Manuel Cardana, con grandissima soddisfazione degli habitués fra i quali spicca la Susy Musso per determinazione e potenza sportiva e la Erica Bresadola per la stoica determinazione con la quale affronta queste tappe lunghissime con il suo personalissimo stile definito similrana.
Montante, Magistri, Baccelli e Bruno sono delle vecchie conoscenze che siamo sempre felici di riavere con Roberto, Diego e me.
La partenza ripete il rito di sempre: Erica, Troubetzkoy e io sembriamo incollati con i piedi alla spiaggia e vediamo partire in un turbine di acqua il gruppo dei nuotatori veri che sappiamo non rivedere fino all'arrivo!

Intanto anche la squadra dell'assistenza, oggi molto ridotta numericamente, si mette in moto, e consiste solo in due kayak, uno guidato dal leggendario Nello, e il mio vecchio canotto contestatissimo da mia moglie in quanto sente solo la voce del padrone e parte solo quando a girare la chiave dell'accensione sono io.
In effetti durante lo svolgimento della tappa si è poi visto che con un numero così elevato di nuotatori l'assistenza era troppo limitata: non era un fatto voluto, ma è capitato perché è un motoscafo che doveva essere disponibile aveva avuto problemi di accensione alla sera prima imprevistamente.
Comunque dopo la partenza mi sono avviato tranquillamente, conscio della mia inferiorità sportiva rispetto al gruppetto di testa, provando un nuovo paio di pinne al carbonio di lunghezza spropositata, con le quali avevo inutilmente sperato di riuscire a diminuire le distanze con i nuotatori veri, inutilmente perché in realtà probabilmente ho fatto una fatica tremenda e sono andato avanti a velocità inferiore di quella abituale.
Messa da parte la mia ambizione sportiva mi sono messo come al solito ad esaminare il fondale che mi passava sotto mentre brumeggiavo; all'inizio da Angera in fondo era estremamente monotono, con una lenta discesa verso il largo, sabbioso e sassoso a tratti, praticamente completamente privo di pesci, come anche durante tutto il resto della nuotata non ne ho praticamente mai visti.
Un solo grande cavedano, nessuna biscia d'acqua, un persico, un piccolo branchetto di coregoni di modesta dimensione e basta.
Solo, attaccati a tutti i possibili ripari quali pali, moli, galleggianti, nuvole di piccolissimi avannotti, probabilmente in grande ritardo di crescita rispetto alle medie stagionali per le basse temperature dell'acqua fino a questi giorni.
Lungo tutta la prima parte del percorso una infinità di scivoli a lago, quali in cemento, quali in ferro, i più recenti in acciaio inox, con binari affondati dovunque disordinatamente insieme a tubi in cemento di vecchie fognature, grandi pneumatici da autocarro, al punto da chiedersi perché nessuno di quelli che abitano su queste sponde in queste villette a mio parere molto brutte, ma sicuramente molto amate dai loro padroni, si prenda mai la briga di scendere in acqua e allontanare qualcuno di questi rifiuti.
Io credo anche che la maggioranza di questi scivoli spesso diroccati sia abusiva o non a norma, e credo che dovrebbe essere obbligatorio per chiunque realizzi anche regolarmente un manufatto del genere, di eliminarne poi i resti dopo l'abbandono o dopo la decadenza del permesso.
Però questo è un sentimento mio, ovvero di uno che guarda sott'acqua, mentre la grandissima maggioranza di chi vede il lago lo vede solo come una superficie bellissima e riflettente, di colore azzurro, blu, verde, argento ma non pensa assolutamente a quello che sta sotto di essa.
Complessivamente un fondale noioso fino alla punta di Ranco, con in più il fastidio continuo di questi ostacoli imprevisti da superare.
Però ogni tanto cominciavano ad apparire dei tratti di costa non costruita fino alla sponda del lago e tratti sempre più numerosi di canneto cominciavano a punteggiarla, ridandomi un po' di buon umore e una maggiore voglia di guardare con attenzione alla ricerca di pesci.
Però, anche lì non ho visto traccia di pesci, e io, che ho sempre sognato che sul limitare dei canneti sul fondo siano appoggiati grandi luci in attesa di pesci più piccoli che sbadatamente si allontanano dalla protezione delle canne, sono rimasto deluso nelle mie aspettative.
Ogni tanto dal fondo sabbioso qualche ciuffo o qualche ramo di Miriophillum sporge a ricordare che le condizioni per la sopravvivenza delle piante acquatiche dovrebbero esserci: è anche possibile che la scarsità di piante che vedo sia dovuta al fatto che queste non hanno ancora risentito dell'innalzamento della temperatura dell'acqua che probabilmente è ancora limitata al primo metro superficiale di profondità, e non stanno ancora cominciando a buttare la vegetazione estiva.
Dopo Ranco, girata la punta, in fondo in fondo in fondo vedo piccolissime le vele delle barche che regatano davanti al circolo velico di Ispra dove ci stanno aspettando, ma la distanza è ancora almeno di 3 o 4 km e si accorcia con una lentezza esasperante.



È meglio non pensarci e distrarsi a guardare la costa, sempre più bella e il fondale che diventa più interessante: ogni tanto incontro entrando nella baia di Quassa dei giganteschi trovanti appoggiati sul fondo ormai interamente sabbioso; sono trovanti di materiali fra loro diversi, vedo dei graniti chiari, vedo dei grandi blocchi che sembrano di beola, quasi a riva dall'acqua sporge un gigantesco macigno di granito rosso, alto probabilmente dal fondo non meno di 7 o 8 m, e mi viene fatto di pensare che questi trovanti siano di trasporto glaciale e che il fatto che siano ancora depositati in superficie sopra alla sabbia significa probabilmente che la quantità di sedimento in sospensione è molto modesta.
Il fondo della baia a circa 4 metri di profondità ad un certo punto si copre interamente di vegetazione molto bassa, difficilmente leggibile con l'acqua così poco trasparente come è oggi e mi riprometto di tornare quando ne avrò il tempo a portare in superficie qualche esemplare di queste piante che potrebbero essere delle najas.
I grandi bivalvi disegnano ogni tanto dei curiosissimi cerchi perfetti strisciando nella sabbia al punto che viene da pensare talvolta che siano dei manufatti affondati, ma ancora nessun pesce.
In superficie invece si comincia a vedere lo spettacoloso giardino della villa già Sagramoso, con la darsena grande come un piccolo stagno, con i prati digradanti, con un bosco di conifere lunghissimo a correre lungo il muro di confine verso lago, con un colpo d'occhio complessivo straordinario e che riporta indietro ad altri tempi.
Mi rendo conto che manca ancora più di mezzo chilometro perché devo superare tutto il paese di Ispra e il porticciolo per arrivare fino al circolo velico e mi preparo ad affrontare l'ultima faticosa parte della mia nuotata, quando vedo invece che da riva mi fanno grandi segnali: sono i miei amici che si sono sbagliati e sono scesi sulla prima spiaggia che hanno incontrato!
Devo dire che anche a me non pare vero e puro dispiacendomi di aver tirato un bidone al gentilissimo presidente del circolo velico che ci sta aspettando, esco dall'acqua felice di aver finito questa tappa così lunga, specie tenendo conto del fatto che sono completamente fuori allenamento.
Torniamo a ripescare con il canotto la infaticabile Erica che continua assistita cavallerescamente dai due canoisti e finalmente la tappa è finita.
Sono stanco, però come sempre sono felice, felice di avere affrontato e superato uno sforzo non indifferente, di avere rivisto i miei amici, di essere arrivato sempre più vicino verso il completamento del giro del lago, che all'inizio sembrava una impresa assurda, neanche lontanamente realizzabile, e che sentiamo invece ad ogni tappa un pochino più vicino.
Alla prossima tappa!, sperando che l'acqua sia ancora un po' più calda, che diventi più limpida e che io possa incontrare qualche bell'esemplare dei pesci che mi piacciono tanto; in particolare mi piacerebbe vedere qualche bel luccioperca o qualche grande tinca e, perché no, anche qualche bel persico trota.

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