LOGO DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE LONGALAGO

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MEZZA TRAVERSATA del 9 Marzo 2008

Il giorno 9 marzo 2008, in contemporanea con la mezza maratona Stresa-Pallanza Verbania, avevamo pensato di divertirci a fare una mezza traversata a nuoto dall'Isola Madre a Pallanza.

L'acqua era intorno ai 6,5°, e quindi l'attrezzatura doveva essere particolarmente curata, con una muta abbastanza pesante, calzari, guanti e cappuccio, ma avendo già provato due volte nei precedenti 15 giorni, sapevamo che non ci sarebbero stati problemi. Data la lunghezza del tragitto che non era più di 1 km e mezzo, abbiamo deciso di partire con tutta calma verso le 11 del mattino quando il sole avrebbe scaldato l’aria.

Avevamo chiesto l'autorizzazione esplicita per la traversata alla Provincia e ho suggerito alle Forze dell'Ordine la partecipazione in acqua di qualche sportivo specialista appartenente ai loro Corpi. Ci siamo fatti appoggiare per l'assistenza da barche a remi, le vecchie inglesine e un bel burchiello, e per dare vigore a questa nostra piccola festa di acqua, avevamo sperato che potesse essere varata anche la piroga a 16 vogatori che ci aveva già accompagnato l'anno scorso in una tappa della VIACOLMARMO!

All'arrivo a Pallanza in piazza abbiamo trovato la stampa e le televisioni e abbiamo lanciato l'invito alla serata del 14 marzo alle ore 21 a villa Giulia, il cui scopo era soprattutto di focalizzare l'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica sulla grave situazione di inquinamento all'interno del Golfo Borromeo nel quale è evidente la scomparsa quasi totale di tutte le forme di vegetazione acquatica.

Per riprenderci dopo la nuotata abbiamo invitato i partecipanti a una colazione informale in villa Rusconi-Clerici, a 300 m dallo sbarco, a base di spaghetti, formaggio prosciutto e vino, felicissimi di avere intorno noi molti subacquei, nuotatori e vogatori, in una parola gli amici del lago, sia per la nuotata, in acqua o in barca, sia per la serata del 14 marzo.
Francesco Rusconi-ClericiRoberto
Troubetzkoy Hahn

ISOLANDO - 13 Luglio 2008

Dopo tante tappe a nuoto lungo le coste del lago, è nata l'idea di organizzare una traversata del lago con un tragitto particolare, tagliando il Golfo Borromeo da Pallanza Verbania fino a Baveno non semplicemente lungo il percorso più breve, ma facendo boa intorno alle splendide isole che impreziosiscono il Lago. Partendo dalla Piazza del Municipio a Pallanza si girerà intorno all'isolino San Giovanni per poi costeggiare il lato nord ovest dell'isola Madre e sfilare in mezzo all'isola Pescatori e all'isola Bella sbarcando poi sul lungolago di Baveno.

Il senso di percorrenza dalla sponda nord alla sponda sud del Golfo potrebbe essere invertito di anno in anno o in base alle previsioni meteorologiche, contribuendo a trasformare la traversata a nuoto in un evento sportivo a cadenza annuale che potrebbe raccogliere consensi non solo fra gli sportivi del lago ma anche fra gli appassionati della natura che si troverebbero a partecipare ad un evento fisicamente certamente impegnativo ma di grande soddisfazione, nello scenario naturale straordinario rappresentato dal Golfo Borromeo, con le montagne e le isole sempreverdi che lo punteggiano. La nuotata sarà non competitiva, a metà strada fra una passeggiata e una avventura sportiva, della lunghezza complessiva di circa 6 km, ed è consentito l’uso delle pinne.

Il tempo complessivo per il percorso può essere stimato per nuotatori anche non eccessivamente esperti in poco più di 2 ore e l'assistenza con barche a remi e mezzi delle forze dell'ordine consentirà agli sportivi di partecipare senza alcuna preoccupazione, con la possibilità in qualunque momento di risalire in barca e riposarsi per ripartire o assistere i compagni che stanno nuotando.

Esordio sfortunato della ISOLANDO!

Domenica 13 luglio alle 8:30 di mattina ci siamo presentati in tre sulla piazza di Pallanza per verificare la fattibilità della traversata.
La notte era stata tremenda: pioggia scrosciante, vento forte, temporali con tuoni e lampi sul lago, freddo, il tutto a intervalli imprevedibili; ogni mezz’ora mi affacciavo alla finestra per scrutare senza successo possibili segni di miglioramento.
Nel momento esatto in cui siamo arrivati sul lungolago aveva smesso di piovere da mezz'ora, e un filo di sole pallido illuminava la sponda opposta di Baveno, incappucciata per tutta la lunghezza da un banco di nuvole bianche che nascondeva il Mottarone e tutte le montagne fino a penetrare nella valle del Toce.
Bastava poi girarsi verso nord per vedere un cielo nerissimo e spaventoso, con brandelli di nuvole basse che correvano verso sud, mentre al di là dell'Isolino si vedeva il lago ribollire di onde e creste create dal maggiore, il nostro vento che soffia dalla Svizzera.
Lontano verso Ispra si vedeva anche nettamente che stava piovendo da alcune nuvole scure ferme a mezz'altezza sopra il lago.
L'acqua all'altezza dell'Isola Madre era percorsa da refoli di aria per il momento non ancora sufficienti per sollevare onde.
Qualche spaccatura in mezzo al cielo sopra di noi, bianco di nuvole ovattate, lasciava sperare in un possibile miglioramento.
Ci siamo consultati anche con qualche vecchio barcaiolo presente sul posto, il quale, a parte la solita considerazione che un mese di luglio come questo non si è mai visto, ci confermava che l'unica cosa che tendeva ad escludere che era che potesse salire il mergozzo, il vento più pericoloso e che ci avrebbe ostacolato nella traversata, in quanto era invece assolutamente prevalente il vento da Nord, ma che questo rischiava di portare i temporali molto rapidamente ad estendersi sopra tutto il lago e in realtà il temporale era la cosa che tutti temevano al massimo: nuotare nell'acqua sotto i lampi è considerato, e penso a ragione, un rischio gravissimo in quanto la testa o le braccia che emergono durante il movimento possono attrarre facilmente la scarica di una folgore.
Alla fine non ce la siamo sentita di partire per la traversata, perché la persistenza per 2 ore di condizioni almeno decenti non era assolutamente probabile.

Eravamo abbacchiatissimi e l'unica cosa che ci siamo sentiti di fare, proprio per non tornare a casa senza neanche aver bagnato i piedi nell'acqua, è stata quella di decidere un simpatico giro a nuoto dell'isolino; e detto e fatto il Bani, il Diego e io ci siamo tuffati, accompagnati per qualche metro anche dai due esuberanti e simpaticissimi ragazzi di Bani, e abbiamo fatto il giro dell'isolino San Giovanni, un percorso assolutamente tranquillo, della lunghezza complessiva di circa 1 km e 400 e quindi una distanza di poco inferiore ad un terzo di quella che avremmo dovuto fare per arrivare da Pallanza a Baveno.
I nostri amici della polizia ci scortavano, anche se evidentemente in quel breve tragitto i rischi erano assolutamente minimali, perché in giro non c'era un solo motoscafo a vista d'occhio, viste le condizioni precarie del tempo, ma la loro presenza ci è sempre estremamente gradita.
Dopo la nuotata un rinfresco improvvisato in villa Rusconi-Clerici, con caffè, salame, vino, torte, patatine, ecc. perché non si sapeva bene se era una colazione ritardata o un aperitivo anticipato; complessivamente a questo punto eravamo poco meno di una ventina di persone fra mancati nuotatori e mancati accompagnatori e come sempre è stato simpatico trovarsi insieme, anche se in occasione di un'avventura andata buca.
Ci siamo lasciati cominciando a lanciare le prime ipotesi di data per la ripetizione di questa traversata che vogliamo fare a tutti i costi, riconfermandoci quanto sono divertenti e interessanti questi nostri spezzoni di divertimento sportivo e di amicizia.

ISOLANDO 2008: secondo tentativo


Dopo la rinuncia per maltempo dello scorso 13 luglio, il dispiacere di non aver potuto nuotare intorno alle nostre isole, ci ha spinto ha riprogrammare la nuotata per sabato 13 settembre. Anche questa volta, malgrado le pessime previsioni del tempo per tutto il week-end, la mattina di sabato ci siamo trovati pronti per la partenza dalla piazza di Pallanza con il cielo coperto ma senza pioggia.
Il lago era calmo e le condizioni buone per la nuotata, la temperatura intorno ai 18°. Tuttavia la saggezza ci ha consigliato di ridurre il percorso evitando la circumnavigazione delle isole per passare a nord delle stesse e puntare direttamente all’arrivo di Baveno.
Partenza dunque alle 9.45:
- Francesco Rusconi-Clerici
- Bani Brandolini
- Moni e Francesco Queirolo
- Susi Musso
- Marco Bruno
- Paola Cucchi
con l’accompagnamento della vela di Marco Bruno, il canotto di Francesco e l’immancabile vedetta della Polizia. Subito dopo la partenza qualche goccia di pioggia non ci ha certo scoraggiato e siamo arrivati dopo circa 22 minuti all’Isola Madre, avendo fatto il 40% del percorso, ma qui oltre alla pioggia più battente è iniziato un furioso temporale con il cielo nero, una quantità di fulmini e un’atmosfera da tempesta.
In acqua si sarebbe potuto procedere…se non fosse stato per la paura dei fulmini. Consulto tra gli accompagnatori e la polizia: i fulmini quando si è in acqua sono altrettanto pericolosi come quando ci si trova in montagna ed è bene togliersi di mezzo.
Così risaliamo sulle barche, è quasi difficile distinguere la differenza tra quando si è in acqua e fuori, tanto è la pioggia che cade intorno e riempie le barche.
Si ritorna al caldo rifugio di Villa Rusconi-Clerici, dove Violante ha preparato per tutti un lauto pranzo.
Con l’allegria e la gioia di stare insieme, resta però anche il dispiacere di non avere potuto concludere la nuotata per la seconda volta, acuito dal fatto che poi nel pomeriggio, malgrado continuasse a piovere, non c’era più il temporale e si sarebbe potuto continuare.
Quest’anno è andata così. Appuntamento alla prossima stagione!

PROGRAMMA LONGALAGO 2008


RELAZIONE LONGALAGO 2008 - NUOTATA DA ANGERA A LUINO

Nel 2006 e nel 2007 alcuni amici erano andati a nuoto costeggiando il Lago Maggiore da Pallanza fino a Locarno e da Suna a Sesto Calende, fino al Ticino.
Non era un progetto. Era un atto d’amore dei promotori Francesco Rusconi-Clerici e Roberto Troubetzkoy Hahn verso il loro lago.
Prima però bisogna dire perché il tutto era nato.
Un tempo i porticcioli e le darsene si riempivano di alghe e in mezzo alle alghe brulicavano i pesci…ma oggi le alghe non ci sono più, si spera che i pesci ci siano, ma dove?
E così aveva avuto inizio l’avventura, svoltasi con tanto successo negli anni scorsi per la sua natura non competitiva, per il fatto che tutti si sono potuti aiutare con le pinne, maschera e boccaglio, per l’aver costeggiato tratti di lago che non si vedono nella medesima prospettiva dalla strada e neanche da un’imbarcazione, e per l’idea che sembrasse un gioco.E pian piano, mentre si macinavano i chilometri di nuoto, si era fatto avanti il pensiero di fare tutto il giro del lago, sia per ottenere delle risposte, sia per avvicinare le due sponde che vivono vite molto separate. E’ quindi con piacere che anche questo anno si continuerà con la LONGALAGO 2008, percorrendo le coste da Angera a Luino con le medesime finalità.
Le finalità sportive, prive di qualunque ambizione agonistica, propongono un modo affascinante di esplorare uno dei più bei laghi italiani, immergendosi nella vita delle sue sponde, in un viaggio inusuale ma dal ritmo umano. Il monitoraggio della risposta fisica dei partecipanti durante le tappe più impegnative potrà contribuire ad arricchire in ciascuno la conoscenza delle proprie risorse in un’avventura vissuta nella dimensione dell’acqua.
Le finalità culturali tendono a riappropriarsi delle sponde, ricchezze naturali del Lago, oggi considerate semplice frangia della strada, per riscoprire la loro straordinaria dignità di luogo di confine tra terra e acqua.I contatti con i paesi rivieraschi saranno occasione di incontri ed eventi legati alla vita del lago e coinvolgeranno gli spettatori, i curiosi, i turisti e tutti i partecipanti in una manifestazione speciale.
Le finalità scientifiche consistono nell’osservazione dell’ambiente acquatico costiero, da cui dipendono il benessere di molte specie animali e vegetali e l’integrità della vita del Lago.
Il programma prevede un itinerario suddiviso in 5 tappe, nei giorni 22 – 28 - 29 giugno 2008 e 6 - 7 settembre 2008 e coinvolgerà tutti i paesi rivieraschi da Angera, proseguendo verso l’alto lago, con meta la città di Luino.
Modalità
La nuotata sarà rigorosamente sottocosta, con maschera, pinne, boccaglio e possibilmente muta, in quanto la temperatura dell’acqua sarà prevedibilmente bassa. L’organizzazione fornirà assistenza alla partenza e all’arrivo delle tappe, un palloncino numerato e i natanti di scorta per la sicurezza dei nuotatori e la raccolta dei campioni prelevati.
I partecipanti
Ogni tappa è una passeggiata a sé e chiunque può liberamente partecipare, iscrivendosi alla partenza riempiendo un modulo di assunzione di responsabilità, che per i minorenni dovrà essere firmato da un genitore. Alcune tappe sono molto lunghe e sono consigliate solo a persone allenate ed esperte di sport acquatici, anche se in ogni momento i partecipanti possono interrompere la fatica e farsi recuperare dalle barche d’appoggio.
L’organizzazione è maturata nelle edizioni degli anni scorsi affrontando gli aspetti della sicurezza e assicurativi, delle responsabilità, permessi, ecc.
Gli aspetti della comunicazione saranno curati coinvolgendo la stampa e i mezzi locali per dare risalto anche agli aspetti scientifici legati all’evento e garantire una partecipazione significativa della società locale.
L’appoggio delle forze dell’ordine e delle associazioni sportive sarà utilissimo per garantire il corretto svolgimento delle prove con la massima tutela dell`incolumita’ dei partecipanti.

La Tappa 1 - 22 Giugno 2008: ANGERA - ISPRA km. 6,90

La tappa di domenica 22 giugno è probabilmente la più lunga di quelle fino ad oggi affrontate.
Credo che sia giusto premettere che è molto difficile dare una misura ragionevolmente esatta delle distanze da percorrere; durante gli anni scorsi il sistema che usavamo era quello di trasferire una mappa geografica in autocad e disegnare sulla stessa mappa una linea spezzata (poyline), di cui il programma dà automaticamente il conteggio della lunghezza.
La procedura però è abbastanza macchinosa e quindi ero arrivato impreparato domenica mattina quando tutti mi chiedevano come al solito una distanza esatta ai due decimali e avevo improvvisato tirando a valutare ad occhio una lunghezza di circa 7 km; ieri per fortuna il nuovo arrivato Manuel Cardana, molto più giovane e quindi più evoluto tecnologicamente di me, mi ha suggerito di utilizzare il pacchetto gratuito di Nike Plus con il quale è possibile tracciare in modo rapidissimo percorsi, conteggiarne le lunghezze e memorizzarli per il futuro: è chiaro che la Nike pensava a percorsi terrestri, ma è evidente che si possono tranquillamente valorizzare percorsi sull'acqua e così ho immediatamente fatto, scoprendo che la tappa percorsa effettivamente è molto vicina ai 7 km, esattamente come la prossima da Ispra a Arolo.
Poi ognuno di noi nuotando percorre delle traiettorie non precise composte spesso da continui zig-zag che indubbiamente allungano il percorso reale di una buona percentuale; io per esempio faccio molta fatica a nuotare diritto nell'acqua alta senza riferimenti di fondo e preferisco potermi orientare continuamente su di esso, anche se mi rendo conto che anche così spesso mi sorprendo a nuotare con delle deviazioni anche superiori a 45° rispetto alla traiettoria ideale; più poi sono stanco e più tendo a nuotare in maniera disordinata perdendo la direzione continuamente.
Torniamo però al resoconto della prima tappa della Longalago 2008.
Da Pallanza una dozzina di persone si è mossa con due vetture e un canotto, in quanto un altro motoscafo previsto per l'organizzazione aveva avuto problemi di accensione rendendo in effetti un po' critica l'assistenza ai nuotatori durante la giornata.
Ad Angera ci aspettavano già alcuni amici, tutti preoccupati per il tempo che si annunciava pessimo in quanto sulle montagne alle spalle di Arona era in corso un bel temporale con pioggia e forti tuoni che, se si fosse spostato sopra il lago, ci avrebbe forse addirittura sconsigliato ad entrare in acqua perché nuotare con i lampi sopra la testa è sempre una situazione molto poco gradevole.
Per fortuna il temporale si è allontanato e ci siamo potuti preparare ad entrare nell'acqua sulla spiaggia comunale di Angera, parzialmente occupata da un cantiere in corso di completamento, ma graziosa con un fondo naturale e grandi salici piantati con i piedi dentro l'acqua.
La sorpresa più bella è stata di scoprire che stavamo per vestirci ed entrare in acqua addirittura in 14, uno dei numeri più grandi per una singola tappa e anche imprevisto tenendo conto del tempo spaventoso che fino a pochi giorni prima aveva flagellato il Lago Maggiore tenendo la temperatura dell'acqua pericolosamente bassa: lunedì pomeriggio ancora mi veniva infatti comunicata una temperatura a Ghiffa alla profondità di 1 m di 16.9°!


Domenica invece l'acqua probabilmente stava intorno ai 19°, con qualche punto con correnti fredde sul promontorio di Ranco, e quindi era accettabilissima; Luciano Riva é stato l'unico che ha nuotato per tutta la tappa senza muta, mentre il nuovo arrivato Tazarine Hamza, grande promessa originario del Marocco, ha nuotato con una muta a saloppette, venendo fuori dall'acqua però blu dal freddo e con vistose escoriazioni dovute allo sfregamento delle bretelle.
Oltre a Tazarine altre 3 new entry: Stephane Cosse, svizzero di nascita, Antonello Toniolo e Manuel Cardana, con grandissima soddisfazione degli habitués fra i quali spicca la Susy Musso per determinazione e potenza sportiva e la Erica Bresadola per la stoica determinazione con la quale affronta queste tappe lunghissime con il suo personalissimo stile definito similrana.
Montante, Magistri, Baccelli e Bruno sono delle vecchie conoscenze che siamo sempre felici di riavere con Roberto, Diego e me.
La partenza ripete il rito di sempre: Erica, Troubetzkoy e io sembriamo incollati con i piedi alla spiaggia e vediamo partire in un turbine di acqua il gruppo dei nuotatori veri che sappiamo non rivedere fino all'arrivo!

Intanto anche la squadra dell'assistenza, oggi molto ridotta numericamente, si mette in moto, e consiste solo in due kayak, uno guidato dal leggendario Nello, e il mio vecchio canotto contestatissimo da mia moglie in quanto sente solo la voce del padrone e parte solo quando a girare la chiave dell'accensione sono io.
In effetti durante lo svolgimento della tappa si è poi visto che con un numero così elevato di nuotatori l'assistenza era troppo limitata: non era un fatto voluto, ma è capitato perché è un motoscafo che doveva essere disponibile aveva avuto problemi di accensione alla sera prima imprevistamente.
Comunque dopo la partenza mi sono avviato tranquillamente, conscio della mia inferiorità sportiva rispetto al gruppetto di testa, provando un nuovo paio di pinne al carbonio di lunghezza spropositata, con le quali avevo inutilmente sperato di riuscire a diminuire le distanze con i nuotatori veri, inutilmente perché in realtà probabilmente ho fatto una fatica tremenda e sono andato avanti a velocità inferiore di quella abituale.
Messa da parte la mia ambizione sportiva mi sono messo come al solito ad esaminare il fondale che mi passava sotto mentre brumeggiavo; all'inizio da Angera in fondo era estremamente monotono, con una lenta discesa verso il largo, sabbioso e sassoso a tratti, praticamente completamente privo di pesci, come anche durante tutto il resto della nuotata non ne ho praticamente mai visti.
Un solo grande cavedano, nessuna biscia d'acqua, un persico, un piccolo branchetto di coregoni di modesta dimensione e basta.
Solo, attaccati a tutti i possibili ripari quali pali, moli, galleggianti, nuvole di piccolissimi avannotti, probabilmente in grande ritardo di crescita rispetto alle medie stagionali per le basse temperature dell'acqua fino a questi giorni.
Lungo tutta la prima parte del percorso una infinità di scivoli a lago, quali in cemento, quali in ferro, i più recenti in acciaio inox, con binari affondati dovunque disordinatamente insieme a tubi in cemento di vecchie fognature, grandi pneumatici da autocarro, al punto da chiedersi perché nessuno di quelli che abitano su queste sponde in queste villette a mio parere molto brutte, ma sicuramente molto amate dai loro padroni, si prenda mai la briga di scendere in acqua e allontanare qualcuno di questi rifiuti.
Io credo anche che la maggioranza di questi scivoli spesso diroccati sia abusiva o non a norma, e credo che dovrebbe essere obbligatorio per chiunque realizzi anche regolarmente un manufatto del genere, di eliminarne poi i resti dopo l'abbandono o dopo la decadenza del permesso.
Però questo è un sentimento mio, ovvero di uno che guarda sott'acqua, mentre la grandissima maggioranza di chi vede il lago lo vede solo come una superficie bellissima e riflettente, di colore azzurro, blu, verde, argento ma non pensa assolutamente a quello che sta sotto di essa.
Complessivamente un fondale noioso fino alla punta di Ranco, con in più il fastidio continuo di questi ostacoli imprevisti da superare.
Però ogni tanto cominciavano ad apparire dei tratti di costa non costruita fino alla sponda del lago e tratti sempre più numerosi di canneto cominciavano a punteggiarla, ridandomi un po' di buon umore e una maggiore voglia di guardare con attenzione alla ricerca di pesci.
Però, anche lì non ho visto traccia di pesci, e io, che ho sempre sognato che sul limitare dei canneti sul fondo siano appoggiati grandi luci in attesa di pesci più piccoli che sbadatamente si allontanano dalla protezione delle canne, sono rimasto deluso nelle mie aspettative.
Ogni tanto dal fondo sabbioso qualche ciuffo o qualche ramo di Miriophillum sporge a ricordare che le condizioni per la sopravvivenza delle piante acquatiche dovrebbero esserci: è anche possibile che la scarsità di piante che vedo sia dovuta al fatto che queste non hanno ancora risentito dell'innalzamento della temperatura dell'acqua che probabilmente è ancora limitata al primo metro superficiale di profondità, e non stanno ancora cominciando a buttare la vegetazione estiva.
Dopo Ranco, girata la punta, in fondo in fondo in fondo vedo piccolissime le vele delle barche che regatano davanti al circolo velico di Ispra dove ci stanno aspettando, ma la distanza è ancora almeno di 3 o 4 km e si accorcia con una lentezza esasperante.



È meglio non pensarci e distrarsi a guardare la costa, sempre più bella e il fondale che diventa più interessante: ogni tanto incontro entrando nella baia di Quassa dei giganteschi trovanti appoggiati sul fondo ormai interamente sabbioso; sono trovanti di materiali fra loro diversi, vedo dei graniti chiari, vedo dei grandi blocchi che sembrano di beola, quasi a riva dall'acqua sporge un gigantesco macigno di granito rosso, alto probabilmente dal fondo non meno di 7 o 8 m, e mi viene fatto di pensare che questi trovanti siano di trasporto glaciale e che il fatto che siano ancora depositati in superficie sopra alla sabbia significa probabilmente che la quantità di sedimento in sospensione è molto modesta.
Il fondo della baia a circa 4 metri di profondità ad un certo punto si copre interamente di vegetazione molto bassa, difficilmente leggibile con l'acqua così poco trasparente come è oggi e mi riprometto di tornare quando ne avrò il tempo a portare in superficie qualche esemplare di queste piante che potrebbero essere delle najas.
I grandi bivalvi disegnano ogni tanto dei curiosissimi cerchi perfetti strisciando nella sabbia al punto che viene da pensare talvolta che siano dei manufatti affondati, ma ancora nessun pesce.
In superficie invece si comincia a vedere lo spettacoloso giardino della villa già Sagramoso, con la darsena grande come un piccolo stagno, con i prati digradanti, con un bosco di conifere lunghissimo a correre lungo il muro di confine verso lago, con un colpo d'occhio complessivo straordinario e che riporta indietro ad altri tempi.
Mi rendo conto che manca ancora più di mezzo chilometro perché devo superare tutto il paese di Ispra e il porticciolo per arrivare fino al circolo velico e mi preparo ad affrontare l'ultima faticosa parte della mia nuotata, quando vedo invece che da riva mi fanno grandi segnali: sono i miei amici che si sono sbagliati e sono scesi sulla prima spiaggia che hanno incontrato!
Devo dire che anche a me non pare vero e puro dispiacendomi di aver tirato un bidone al gentilissimo presidente del circolo velico che ci sta aspettando, esco dall'acqua felice di aver finito questa tappa così lunga, specie tenendo conto del fatto che sono completamente fuori allenamento.
Torniamo a ripescare con il canotto la infaticabile Erica che continua assistita cavallerescamente dai due canoisti e finalmente la tappa è finita.
Sono stanco, però come sempre sono felice, felice di avere affrontato e superato uno sforzo non indifferente, di avere rivisto i miei amici, di essere arrivato sempre più vicino verso il completamento del giro del lago, che all'inizio sembrava una impresa assurda, neanche lontanamente realizzabile, e che sentiamo invece ad ogni tappa un pochino più vicino.
Alla prossima tappa!, sperando che l'acqua sia ancora un po' più calda, che diventi più limpida e che io possa incontrare qualche bell'esemplare dei pesci che mi piacciono tanto; in particolare mi piacerebbe vedere qualche bel luccioperca o qualche grande tinca e, perché no, anche qualche bel persico trota.

La Tappa 2 - 28 Giugno 2008: ISPRA - AROLO km. 6,90

Ci aspetta un'altra tappa di 7 km di lunghezza. E’ una distanza ancora maggiore di quella della settimana scorsa, ma non c'è motivo di preoccuparsi perché sei giorni prima, anche senza allenamento, eravamo riusciti a superare brillantemente quel primo esperimento di tappe lunghe.
Partiamo come al solito alle otto di mattina con il canotto da Pallanza, però abbiamo la sorpresa che, contrariamente a tutte le previsioni del tempo che avevamo controllato fino alla sera, ci attende una mattina dalle luci incredibili, dai colori lividi in una mancanza innaturale di aria e di luce.
Il lago è verde, ma assolutamente piatto, usciamo dal Golfo di Pallanza e vediamo lo spettacolo incredibile di una nuvola nerissima concentrata sopra il lago, dalla quale si vede scendere verticalmente la pioggia.
Ho anche fotografato quello strano fenomeno che non avevo mai visto, era come se a qualche centinaio di metri sopra al lago ci fosse un soffione di una doccia che buttava giù acqua e si vedeva in maniera nettissima la colonna d'acqua che scendeva, mentre dietro riprendeva di nuovo il sole.

Ho tentato di evitare la doccia portandomi a ridosso della costa di Laveno ma non sono riuscito assolutamente a sottrarmi all'infelice lavata per cui, cercando di ripararci in qualche modo sotto il telone di prua del canotto siamo andati avanti stoicamente verso la nostra meta, tremando di freddo perché non avevamo con noi neanche una giacca a vento o qualche cosa con cui proteggerci.
Per fortuna improvviso come era cominciato lo scroscio termina e arriviamo a Ispra puntualissimi per incontrarci con i nostri amici.
Siamo in otto nuotatori, ci vestiamo sulla spiaggetta attrezzata del circolo velico, molto graziosa, e affrontiamo la nostra tappa di oggi.
Il primo pezzo del percorso è interessante perché subito dopo il paese inizia la punta rocciosa del promontorio del Monte dei Nassi, di roccia bianca e calcarea, che presenta un fondale molto simile a quello di una scogliera di mare.
Fuori dall'acqua vediamo i vecchi edifici delle fornaci, che un tempo erano molto frequenti intorno al largo, perché il trasporto dei materiali da costruzione, come anche la calce, era molto meno costoso per via di acqua.
Non incontro però pesci, se non un grosso cavedano e i soliti avannotti, che mi danno la sensazione di essere già cresciuti rispetto alla settimana scorsa, e ciò è assolutamente possibile perché la loro crescita nelle prime settimane di vita è rapidissima.
Come al solito io nuoto rasentando il filo della costa, mentre la squadra di nuotatori veloci si allontana percorrendo una rotta diritta e tagliando tutte le baie lungo un ideale rettilineo.
La sensazione all'inizio è che io sia avvantaggiato da una corrente favorevole lungo la sponda verso Nord e infatti quando ci confrontiamo all'arrivo Diego mi conferma di avere avuto contro una corrente non indifferente, la quale per compensazione ha generato un flusso opposto verso riva.
La totale mancanza di pesci mi fa nuotare distrattamente e così il tempo passa senza che quasi me ne accorga e arrivo rapidamente a doppiare la punta del promontorio, da lì in fondo in fondo in fondo, molto lontano, vedo le barche a vela di Monvalle: sono ancora almeno a 3 kilometri ma quando si è in ballo si deve ballare!
Così giro la punta e comincio ad affrontare la lunghissima baia; l'acqua diventa subito più torbida, il fondo non si vede ma si capisce che sta rapidamente salendo e che è tutto di sabbia.
Ad un certo punto mi spavento perché dall'acqua torbida vedo emergere verso di me delle forme che non riesco a riconoscere subito, in realtà sono dei ciuffi probabilmente lunghissimi di miriophillum che sembrano quasi venirmi contro dal nulla, molto numerosi e distribuiti su gran parte della baia.

Mi immagino che siano lunghi anche 4 m e, dato che arrivano abbastanza vicino alla superficie penso che quando il lago è mezzo metro più basso di oggi, ovvero al livello medio normale, queste piante arrivino fino in superficie, a meno che si siano allungate molto di più del solito quest'anno per cercare la luce del sole.
La costa del lago è completamente integra, con lunghissimi canneti che si protendono nell'acqua, e, come ho già notato l'anno scorso, le canne crescono disinvoltamente sia nel fondo di sabbia finissima che nel fondo sassoso di ciottoli compatti, il che significa che i loro rizomi hanno una significativa capacità di penetrazione nel terreno.
Continuo a non vedere pesci, anche se l'acqua è talmente torbida che potrebbero passarmi vicinissimo senza che io li riconosca assolutamente e continuo a nuotare verso nord; passo la foce di diversi torrenti che si gettano nel lago, percependo nettamente che le loro acque sono decisamente più fredde di quella del lago, e vedo avvicinarsi le barche ancorate dove termina la baia.
Finalmente vedo le prime case e capisco che sono arrivato vicino all'arrivo perché mi ricordo che dovevamo sbarcare molto vicino al piccolo promontorio roccioso che vedo avvicinarsi abbastanza rapidamente (forse l'avverbio non è dei più appropriati!).
Passo vicino al ristorante di Sasso Moro, sfilo di fianco al molo in blocchi di granito del porticciolo, sperando almeno lì di incontrare qualche bel pesce e finalmente sono arrivato ad Arolo: i miei amici nuotatori veloci come al solito sono già pettinati, eleganti, rilassati ecc. come se fossero appena arrivati e scesi dalla macchina.
Mi aspetta il gentilissimo presidente della pro loco del comune di Leggiuno, Sig. Cerutti, che ci omaggia di uno stampato con delle belle fotografie d'epoca del monastero di Santa Caterina del Sasso e soprattutto mi conferma di avere avvertito il titolare del baretto lungolago di prepararci qualche cosa da mangiare.
Qui forse comincia la parte meno sportiva ma più gradita della tappa: dalla cucina del baretto spuntano dei bellissimi vassoi di portata a base di farro, couscous, conditi con pomodoro olive prezzemolo, insalata, vino, birra, ecc.
Intanto è venuto un sole bellissimo e così la nostra bella tavolata di quasi 20 amici si anima delle solite chiacchiere di quando si è contenti e finalmente si sente che l'estate è arrivata; la pioggia gelida di questa mattina è ormai un ricordo e ci lasciamo dandoci appuntamento nello stesso posto per domani mattina.

Tappa 3 - 29 Giugno 2008: AROLO - LAVENO km. 6,90

La tappa di oggi è della stessa lunghezza di quella di ieri, anche se a sensazione potrebbe sembrare addirittura più lunga.

Partiamo da Pallanza con il solito trasferimento in canotto durante il quale ci portiamo anche sotto costa a Laveno per esaminare esattamente le condizioni per l'arrivo in paese, in modo da essere tranquilli quando arriveremo nella vicinanza del pontile dei traghetti, che con le loro eliche davanti e dietro fanno una notevole paura a chi sta in acqua a nuotare.
Però la situazione è tranquillizzante e così andiamo avanti verso Arolo fino a portarci davanti al baretto della carinissima colazione di ieri a mezzogiorno.
Con puntualità degna di una seria attività di lavoro e non di una semplice avventura sportiva ci ritroviamo sempre pronti tutti insieme per prepararci e vestirci.
Il tempo è grigio, ieri hanno dato previsioni di temporali durante la giornata, ma questi per fortuna arriveranno violenti solo nel pomeriggio, quando noi ormai saremo tranquillamente ritornati a casa.
Quest'oggi siamo in 10 nuotatori, quindi il buon numero di partecipanti si riconferma anche oggi.


Ci prepariamo, controlliamo reciprocamente di avere fissato bene le chiusure lampo delle mute, soprattutto sul collo, che è un punto estremamente delicato per i numerosissimi sfregamenti che subisce durante il nuoto, dove dobbiamo sempre ricordarci di spalmare un po' di vaselina per evitare di uscire dall'acqua con abrasioni significative, che poi farebbero fatica a rimarginarsi in tempi brevi.

Ci immergiamo e partiamo, come al solito si forma un gruppetto di punta, composto da Novella in testa, il giovane marocchino Tazarine a tallonarlo, poi Cosse e in chiusura la Susy Musso, imprevedibilmente potente nella nuotata a giudicare solo dal fisico aggraziato e sottile.Questo gruppetto procederà come al solito a un ritmo elevato dall'inizio fino alla fine di tutta la tappa: un giorno bisogna che io mi dia malato per poter ammirare dalla barca questo loro velocissimo trenino.
Tutti gli altri procedono dietro, come al solito in modo sciolto, nessuno si abitua a nuotare in gruppo; i coniugi Menni esplorano felici la costa mentre Luciano Riva, rigorosamente senza muta come Angela, nuota sempre solitario in mezzo al lago, fino a farci prendere paura quando abbiamo visto il suo palloncino nella baia di Laveno diretto ad incrociare la rotta dei traghetti.
Comunque il percorso si rivela estremamente bello da subito; appena girata la punta di Arolo ci troviamo a sfilare lungo la parete rocciosa sulla quale si incista il monastero di Santa Caterina del Sasso, giustamente famoso.
Sott'acqua è altrettanto bello come fuori dall'acqua, continuo a impigliarmi nei rami degli alberi che crescono disordinatamente lungo le pareti a picco, in genere fichi, che scopro con curiosità emettere dai rami immersi nell'acqua radici per aiutarsi a trovare il sostentamento che probabilmente su quella parete rocciosa e arida non è ricco.
Ho sempre pensato che le tane e le spaccature che si vedono nella roccia chiara fossero la tana ideale per i persici, però non ne vedo neanche uno come non vedo pesci fino alla fine di questa lunga parete; in una fessura un metro sott’acqua vedo curiosamente incastrato invece un pallone da calcio!
Passo sotto il monastero, dove noto che la parete è bucherellata di tiranti e di pezzi di ferro che sono stati inseriti per irrobustire e prevenire possibili spaccature nella roccia che, essendo una marna calcarea, sicuramente non è molto resistente.Subito dopo Santa Caterina la parete a picco finisce con un paio di ville fortunate inserite a picco vicino all'acqua e poi il fondale cambia completamente perché ritorna sabbioso, di una grande sabbia finissima marina, e finalmente incomincio a incontrare i primi pesci.
La baia davanti a Leggiuno è piena di brillanti alborelline e ogni tanto incontro dei maliziosi cavedani che probabilmente le stanno con finta innocenza tenendo d'occhio.
Un tratto di costa sabbiosa, intervallata da tratti di canne palustri, e in fondo comincio a vedere le case della prima frazione di Reno, dove arrivo dopo un bel pò di minuti.
Attacco il promontorio occupato da una delle più belle ville del lago, con uno sviluppo di sponda di almeno 1 km, con al centro una magnifica spiaggia piantumata con una ventina di Taxodium in piena acqua, e poi subito dopo l'arrivo al paese di Reno.
Proprio mentre mi viene voglia di dire ai ragazzini che pescano dal muraglione del porto di Reno che è perfettamente inutile stare a pescare con le loro cannette in acqua, ecco che vedo i primi branchetti di coregoni, poi subito una bella tinca di un paio di chili che viaggia tranquilla a 3 m di profondità.
Sorpasso il paese e il fondale diventa sassoso con blocchi di granito sparsi e scopro con grande stupore che lungo tutta la costa sott’acqua passa una tubazione di cemento, abbastanza bene mimetizzata con blocchi di granito cementati a nasconderla, ma complessivamente mi sembra una scelta abbastanza infelice perché se è una tubazione che porta acque di fognatura in pressione si poteva tranquillamente metterla molto più profonda in maniera che non la si vedesse proprio, anche se devo ricordarmi quello che non mi viene mai in mente, ovvero che in fondo sott'acqua ci guardo solo io e pochissima altra gente.


Poi ancora pesci, un po' di alborelle, qualche grosso cavedano poi l’incontro sorprendente 3 m sotto di me con una grossa anguilla di diametro forte, della lunghezza di quasi 1 m e mezzo, che si spaventa moltissimo vedendomi e scappa via verso il largo terrorizzata.È tanto tempo che non mi capita di incontrare delle anguille perchè sono animali dalle abitudini notturne e quindi tendono ad uscire in caccia delle loro prede solamente dopo il tramonto.
Anche due bellissimi persici sole, che sono ormai così rari, poi ancora cavedani.
Sfilo davanti alla bella villa Castellini, e poi continuo a costeggiare i muraglioni di ville belle, con vecchie darsene maestose realizzate con grande muraglioni di granito secolare.
E intanto il tempo è diventato sempre più bello, è uscito il sole e con questo sono uscite in acqua un sacco di barche che creano un moto ondoso abbastanza significativo per noi che nuotiamo.
Anche i giardini delle ville che costeggiamo cominciano a essere abitati e il nostro passaggio probabilmente crea sempre un'imbarazzata curiosità da parte di chi si chiede da dove stiamo arrivando e dove mai stiamo andando, ma nessuno ha il coraggio di farci una domanda anche se poi qualche ora più tardi sicuramente si chiederà dove mai siamo finiti perché nessuno crederà che stiamo facendo una passeggiata lungo tutto il lago; in effetti il giorno prima il giornale La Prealpina ha scritto gentilmente un articolo su di noi ma probabilmente nessuno ci identifica come i protagonisti della “famosa” LONGALAGO.
Piano piano mi accorgo che sulla sponda piemontese alla mia altezza ormai c'è la punta della Castagnola e che quindi sono in dirittura d'arrivo; poco dopo infatti inizio a costeggiare il giardino del vecchio forte austriaco, di forma tondeggiante, bellissimo nella sua apparenza così rigorosa, costruito in grandi blocchi lavorati di granito, apparentemente colpiti in diversi punti dal fuoco dell'artiglieria, anche se mi pare di ricordare dalle vecchie stampe che l'attacco notturno di Garibaldi al forte di Laveno fu portato al forte che sta a nord della baia, ma forse mi sbaglio.
Ormai sto entrando nel Golfo di Laveno, sempre più onde danno fastidio mentre si nuota ma, mentre ormai non mi aspetto più nulla di speciale, ecco il tratto più interessante per i miei incontri subacquei: la sponda sprofonda diritta con qualche baietta piena di detriti di grandi tronchi portati verso questa baia e intrappolati probabilmente dagli impetuosi venti del mergozzo, e in mezzo ai rami immersi a fondo vedo centinaia e centinaia di gardon, belli grassottelli e in forma, ed a un certo punto, abbastanza a fondo una tinca di un bel peso, e mi ricordo che oggi è San Pietro e Paolo, il 29 giugno, e nella tradizione familiare è proprio oggi che a Pallanza arrivavano le grandi tinche a depositare le uova nella nostra darsena.
Poi ancora branchi di coregoni e ancora gardon e poi sono ormai al fondo della baia, dove stanno realizzando probabilmente un nuovo lungolago per i bagnanti, e dove devo attraversare con un moto di repulsione la foce del torrente che si butta nella baia in un punto chiamato giustamente Acquanera.
L'acqua è schifosa, rugginosa come all'uscita di una ferriera, sacchetti di plastica galleggiano dappertutto ma ormai sono arrivato e salto sul canotto di scorta appena prima dell’imbarcadero dei traghetti per evitare ogni pericolo.
Scendiamo al pontone davanti al municipio di città, ci cambiamo come sempre senza che i passanti manifestino grande curiosità e divoriamo con gratitudine una bella torta di crostata di albicocche preparate affettuosamente dalla mamma di Diego per Violante e me che il giorno dopo compiremo insieme un sacco di anni!
A Laveno è venuta ad incontrarmi all'arrivo anche con sua figlia Susanne una anziana signora tedesca, Maria Cirkel, che era compagna di elementari di mia mamma intorno al 1920 e con la quale ci siamo affettuosamente ritrovati dopo quasi cinquant'anni che non la vedevo!
Si vede che è tutta orgogliosa di me e forse un pochino lo merito anche, con questa mia avventura così fuori dal comune che riesco a portare a termine tappa per tappa solo grazie all'affetto dei miei amici vecchi e nuovi e alla pazienza di mia moglie.
Per intanto la LONGALAGO si ferma fino a settembre mentre il 13 luglio ci aspetta la ISOLANDO, la traversata del Golfo Borromeo da Pallanza a Baveno facendo boa intorno a tutte le isole; sarà una nuotata bellissima alla quale speriamo molta gente e molti sportivi vogliano partecipare.

Tappa 4 - 20 Settembre 2008: LAVENO - CALDE' km. 6,3

Finalmente dopo tanti weekend di tempo orribile le previsioni meteorologiche ci confortano con una indicazione di sole per sabato e di coperto senza pioggia domenica.

La temperatura però continua a scendere e infatti Laveno al nostro raduno al pontone il termometro della barca a vela di Marco Bruno indica solo 16°!

Ci contiamo e siamo però in 9 malgrado il freddo, anzi in 10 perché con un buon ritardo arriva Paolo da Melegnano, trasformato subito in “Paolo da Cannobio” che suona meglio per il Lago Maggiore ed è più facile da ricordare!

In un colpo solo ci troviamo 3 new entries e Lazzati che era venuto solo ad una tappa, quella eroica da Cannero a Cannobio nel 2006.

Ci prepariamo sul pontone davanti al municipio; un po' di passanti occhieggiano quasi imbarazzati e ci tuffiamo nell'acqua fredda piena di legname galleggiante.

La nuotata si svolge come da copione: in testa il trenino di quelli che nuotano veloci, in fondo sempre Troubetzkoy e io, qualcuno al centro.

Ci accompagna gentilmente anche un canotto della Protezione Civile di Castelveccana e così con tre barche di appoggio riusciamo a controllare ragionevolmente bene la situazione.

Il percorso è magnifico, anche se sfortunatamente l'acqua opaca non ci consente molta visibilità, la parete della costa è quasi sempre verticale, con la roccia butterata dal lavorio dell’acqua, e gli alberi abbarbicati fino ad immergere i rami nelle onde.

Pochissimi pesci visibili, sostanzialmente solo grandi cavedani, forse perché l'acqua si è già raffreddata e si stanno già rintanando verso profondità maggiori o chissà perché.

Ogni tanto quando qualche terrazzamento lo consente compaiono spettrali nell'acqua torbida colonie di esemplari lunghissimi di miriophillum; di fatto è l'unica varietà di piante acquatiche che riusciamo a recitare recensire in tutta la giornata, con un addensamento di grande effetto all'inizio della baia di Caldè.

Alcune delle ville che costeggiano sono molto belle, ben inserite nella costa rocciosa, con muri in pietra e darsene celate negli anfratti, altre invece dispiacciono per la loro invasiva sguaiatezza.

Sul lago non c'è neanche una barca e solo dopo mezzogiorno al levarsi della tramontana da sud e al rafforzarsi del sole appariranno le prime barche a vela.

Così nuotiamo tranquilli, ostacolati solo ogni tanto dai tronchi e dai rami contro i quali andiamo a sbattere con le mani o la faccia. È una tappa molto lunga ma regolare e che costeggia forse il percorso più bello di quelli incontrati fino ad adesso: il faraglione chiamato San Gallett non sfigurerebbe neppure a Capri, mentre il paesino di Caldè che ci accoglie è bellissimo nella sua tranquilla semplicità.



Lì ci aspetta la Pro Loco, la graziosa signora Barani ha preparato personalmente una focaccia deliziosa e ci viene promessa anche la trippa per il giorno dopo: cosa si può volere di più?

Ci lasciamo infine contenti della nostra prodezza e torniamo chi in città in automobile, chi in barca all'altra sponda del lago, tutti soddisfatti di questa curiosa passeggiata che continua intorno al lago.

Domani sarà l'ultima tappa della Longalago per il 2009 e dopo ci resteranno solamente quattro tappe per completare il giro del lago intero: chi l'avrebbe mai detto allora che ce l'avremmo fatta?


Cari amici, alla prossima tappa.