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La Tappa 4 - 1 Luglio 2007: LESA-MEINA km. 6,20

Domenica 1 luglio comincia con un cielo carico di nuvole e qualche goccia di pioggia ci bagna mentre ci portiamo con il canotto da Pallanza fino a Lesa e commentiamo che non sarà sicuramente un problema per noi che nuotiamo ma per chi ci accompagna sul canotto.
Al pontile galleggiante di Lesa ci aspettano già tutti gli amici nuotatori e scopriamo con soddisfazione che oggi siamo di nuovo in 9.
La tappa è programmata senza soste fino a Meina e probabilmente è la più lunga di tutte quelle che fino ad oggi abbiamo percorso, anche se è possibile accorciarla un po’ tagliando il lungo golfo di Solcio.

Quando partiamo è grigio ma ha smesso di piovere e ci tuffiamo sapendo d’avere davanti un bel po’ di chilometri e un sacco di bracciate da fare.
Cominciamo ad avanzare nuotando intorno al lunghissimo cono di deiezione del torrente Erno, costeggiando all’inizio alcuni giardini magnifici, perfettamente curati anche nelle balaustre e nelle siepi verso lago, dietro alle quali si intravedono arretrate magnifiche ville.
Poi arriviamo verso la foce del torrente, dove un sacco di barche sono ferme per pescare con la canna e mi verrebbe voglia di capire cosa stanno insidiando, anche se a riva comincio a vedere un po’ di alborelline.
È buffo passare con la maschera pinneggiando sotto i pescatori e verrebbe quasi voglia di indicare loro che dove hanno calato la lenza non c’è proprio nulla e che invece dovrebbero spostarsi indietro di 100 m dove brulica di pesciolini, ma il reciproco imbarazzo è tangibile: nessuno ci chiede da dove veniamo e dove andiamo, anche se probabilmente non hanno mai visto una decina di palloncini gialli sfilare lungo la costa e scomparire dalla loro vista in pochi minuti.
Davanti all’estuario il fondo è sabbioso o con ghiaietto molto piccolo e, dove sprofonda, si legge ancora abbastanza ben delineata la riga della classica corona di alghe che un tempo costeggiava il lago dovunque questo non scendeva troppo rapidamente.
Di fatto, almeno per quello che abbiamo potuto vedere fino adesso, la peggiore condizione della vegetazione acquatica si trova all’interno del Golfo Borromeo, mentre da Ghiffa o meglio da Oggebbio verso il nord e da Lesa verso il sud si trovano ancora un po’ di piante acquatiche, quasi esclusivamente comunque della famiglia miriophillum e questo potrebbe forse coincidere con il fatto che i peggiori inquinamenti da sali pesanti, tali quindi da posarsi sul fondo ed avvelenarlo, si sono avuti storicamente dal Toce per colpa delle industrie dell’Ossola e del Cusio.
Se allora, e parliamo di un processo probabilmente iniziato almeno 25 anni fa, le piante acquatiche ad esempio di Pallanza, sono morte, può essere che per reintrodurle, senza aspettare tempi immemorabili, si possa tentare semplicemente di reimpiantarle; mi ricordo che qualunque rametto d’alga posato sul fondo cacciava ben presto radici da cui la pianta risaliva vigorosamente verso la superficie e il sole e mi rifiuto di pensare che la situazione oggi sia talmente grave che questo non si ripeta come sempre è stato.
Mi riprometto di provare appena avrò tempo, anche piantando le elodea densa che ho finalmente ritrovato abbondanti durante la VIACOLMARMO! nelle conche abbandonate dell’Incile di Panperduto del Villoresi.
Una parola andrebbe spesa sulla fioritura di anabena, l’alga monocellulare che sta invadendo da alcuni anni molti laghi prealpini fra cui anche sorprendentemente il lago di Garda e il Lago Maggiore, sorprendentemente in quanto sono laghi oligotrofi.
Non voglio dilungarmi in aspetti scientifici complessi, ma quotidianamente l’ARPA esegue monitoraggi sull’avanzamento della fioritura di questa alga, considerata potenzialmente tossica per il fegato e per i muscoli respiratori.
Noi ne attraversiamo a nuoto in queste tappe ampie distese caratterizzate da un forte odore e contemporaneamente i bagnanti in tutti i paesi rivieraschi si tuffano tranquillamente in questa massa dall’aspetto sgradevole; speriamo che non si rivelino pericoli a lungo termine.
Ogni tanto la visibilità diventa difficile e talvolta non per la presenza dell’anabena, ma sorprendentemente per l’enorme numero di avannotti che nuotano davanti alla nostra maschera subacquea fissandoci con le migliaia di punte di spillo degli occhietti e mi chiedo ancora perché qualche tratto di costa è privo di vita e qualche altro brulica di pesci: forse se avessimo delle risposte potremmo creare delle zone di riproduzione agevolata e reincrementare la popolazione ittica.

Attraverso il Golfo di Solcio tagliando attraverso le boe delle barche ancorate e affronto il tratto abbastanza naturalmente conservato davanti alla povera Villa Cavallini, sede di un Istituto Agrario, che versa in condizioni sempre più disastrose.
Molti alberi si immergono nell’acqua, vedo un bel persico trota e nella baietta successiva nuoto per diverse centinaia di metri in una nuvola fittissima di alborelline, curate a vista da giganteschi cavedani che evidentemente seguono lo sciame di cui si nutrono.
Poi ancora alcune belle ville sul lago e ci avviciniamo a Meina attraversando una lunga baia con barche a vela e motoscafi ancorati.
Supero il Lido cercando di orientarmi con i nostri ricordi dalla strada statale ma fatico a ritrovare i punti di riferimento noti e mi trovo rapidamente davanti alla foce di un torrente che entra in lago completamente canalizzato fra i muri di due giardini di antiche ville oggi in ristrutturazione (villa Castiglioni?) e qui trovo una spiaggia subacquea di sabbia bianchissima tutta sagomata ad onde come al mare e sul fondo, a 1 metro scarso di profondità, l’acqua gelida del torrente che scorre sotto gli strati superficiali dell’acqua del lago.
Siamo quasi arrivati ma proprio pochi metri prima della triste massa di cemento dell’Albergo Milano abbiamo la brutta sorpresa di vedere un grosso manufatto che scarica 2 m sotto la superficie un flusso d’acqua di fogna grigia, carica di detersivi e con il solito sciame di cavedani che brulicano sempre in presenza di materiale organico versato in acqua!
Poi dopo l’imbarcadero ancora un paio di cantieri di edifici in ristrutturazione e ancora la sorpresa di vedere con dispiacere che in lago è stato rovesciato di tutto, dai profili di ferro ai pezzi d’alluminio ai blocchi di cemento, e questo anche in tempi recentissimi, come si vede dal fatto che il metallo brilla e non è ricoperto di muschio e alghe.
Mi riprometto di riferire queste scoperte al Comune di Meina perché vengano presi i giusti provvedimenti e arrivo infine alla gradinata di granito che costituisce una sorta di spiaggia del paese, ove noto con dispiacere che l’acqua è sporchissima con le solite alghe cianobatteri e con molto materiale che galleggia.
Vedremo nei prossimi giorni se la parte bassa del lago raccoglie a causa dei venti del nord prevalenti tutto quanto galleggia sull’acqua e che condizioni troveremo nuotando fino al Ticino.
Anche oggi la nostra passeggiata acquatica è finita e non nascondiamo d’essere tutti orgogliosi della resistenza nostra e soprattutto della nostra amica Erica che da Lesa imperterrita è arrivata a Meina nuotando a rana!

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